Mentre l’Italia va a rotoli (ma no, ma dai, va tutto ben madama la Marchesa!) un tema arrovella i nostri parlamentari mandati a Roma per rappresentare le istanze della comunità. Pagati più che bene per risolvere i problemi e lenire le sofferenze del popolo: che non sono solo quelle dei contadini o del caro-gasolio da autotrazione.
Ecco, uno dei temi che ci toglie il sonno, che da anni arrovella le nostre giornate di pensionati senza arte né parte, non è l’inflazione, non sono le tasse, men che meno la guerra alle porte di casa. È una targa sul portone di Montecitorio, a Roma. C’è scritto e non da oggi: “Camera dei deputati”.
È una targa incompleta oltre che anacronistica (cioè fuori del tempo). Per fortuna che alla “Camera dei deputati”, a Roma, abbiamo mandato l’onorevole Sara Ferrari, nata a Rovereto il 5 gennaio 1971, insegnante di lettere, la quale ha presentato una “Proposta di legge costituzionale”, assieme all’altrettanto onorevole Gian Antonio Girelli, nato a Salò (Brescia) il 15 settembre 1962, nella vita civile “agente di commercio”.
I due onorevoli deputati, che fanno parte del gruppo parlamentare del Partito democratico-Italia democratica e progressista, il 31 gennaio hanno presentato una proposta di legge costituzionale (C. 1676) di “Modifica della denominazione della Camera dei deputati in “Camera delle deputate e dei deputati”. Un piccolo passo per un uomo (e una donna), un grande passo per l’umanità.
Sennonché, essendo una proposta di modifica costituzionale, il testo ha bisogno di una doppia lettura, cioè di due passaggi in entrambi i rami del Parlamento (Montecitorio e Palazzo Madama), con un intervallo di almeno tre mesi. E la proposta (in questo caso il cambio di denominazione in “Camera delle deputate e dei deputati”) dovrà essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di Camera e Senato. Va da sé che per quanto fondamentale questa proposta finirà, probabilmente, nel cimitero dei sogni e degli auspici e tra le note curricolari dei due onorevoli, deputata e deputato, progressisti.
Visto che siamo nella Capitale, scomodiamo Tito Livio: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”, ovvero: “Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”. Pensavamo fosse una fake news. Purtroppo non lo è.
1 commento
Si, ho sottoscritto la proposta di legge del collega Girelli per aggiornare ai tempi reali il nome della Assemblea legislativa Parlamentare che si chiama Camera dei Deputati perché nata in epoca storica in cui le donne non erano in Parlamento. Oggi ci siamo e siamo circa il 30 %, in una istituzione rappresentativa che nel suo nome ci ignora. Tutto qui, niente di sconcertante, è un atto simbolico che va in piena coerenza con una storia politica, istituzionale e amministrativa lunga 15 anni che mi ha vista occuparmi con leggi, emendamenti, mozioni, ordini del giorno, interrogazioni dei temi che riguardano la vita delle donne in un Paese maschilista come il nostro.: dalle misure di contrasto alla violenza, all’occupazione femminile, alla medicina di genere, solo per restare sul tema. Peccato che di tutta quella attività molta stampa non si sia accorta o per nulla interessata. Come a dire che quando la politica agisce sulla concretezza delle questioni la stampa è assente, quando fa un atto simbolico ecco che ci si preoccupa di sbeffeggiare e mettere in discussione la serietà del lavoro altrui. Io non mi vergogno del mio impegno istituzionale, sia quando può essere direttamente efficace sulle condizioni delle cittadine e dei cittadini, sia quando e’ simbolico dal punto di vista culturale. Mi permetto di dire che avrei gradito che nella libera censura di questa mia iniziativa di legge si dimostrasse però anche l’onestà intellettuale di riconoscerla coerente nel solco di un lungo curriculum di attività politica di cui vado fiera e che mi viene riconosciuto da molte e molti.