Il 2 settembre, a 80 anni dalla strage di civili causata dalle bombe anglo-americane, per Trento è una ferita che sanguina ancora. Un cippo, in piazza della Portéla, antico popoloso rione cittadino, rammenta ai passanti la tragica fine di 191 persone, uomini e donne, vecchi e bambini, dilaniati all’ora di pranzo nel primo di molti bombardamenti subiti dalla città fra il 1943 e il 1945. Ogni tanto qualche residuato affiora dalla sabbia lungo l’Adige o negli scavi per nuove costruzioni. Ecco quanto abbiamo pubblicato giovedì 31 agosto 2023 sul quotidiano “IlT”.
Ci sono ancora bombe inesplose lungo la linea ferroviaria del Brennero, a Trento. A ottant’anni dal primo bombardamento sulla città da parte degli angloamericani, riaffiorano i ricordi e con essi le testimonianze. Non già dei sopravvissuti di allora, i quali se ne sono andati con l’avanzare dell’età, ma di chi ha avuto per lungo tempo l’impegno quotidiano del lavoro nella “città dei morti”.
Eraldo Franceschini (1954), per 28 anni caposquadra dei fossori e del personale addetto al cimitero monumentale di Trento, dice che “si sono cercati a lungo residuati della seconda guerra mondiale, soprattutto nella zona del campo 10, dove furono compiuti gli scavi per le fondamenta del forno crematorio. Senza alcun risultato”. La scheggia di una bomba è ancora conficcata in una colonna del campo n. 1, sul lato nord del cimitero.
Ma il francescano Armando Ferrai (1936), per vent’anni cappellano del cimitero di Trento, racconta che nel libro dove sono riportati i nomi di coloro che morirono a causa dai bombardamenti sulla città, c’è una nota dove si scrive che “varie bombe sono rimaste inesplose”.
Accadde il 13 maggio 1944. Diversamente dalla prima stupefacente incursione del 2 settembre 1943 che aveva devastato il rione della Portéla e la zona in prossimità della stazione ferroviaria (191 morti, 37 case rase al suolo, 27 gravemente lesionate), otto mesi dopo 60 “fortezze volanti” degli anglo-americani scaricano le bombe sull’intera città. In tre ondate fu colpito il centro storico: da piazza Duomo a via Belenzani, fino alla Portéla; da via San Martino a via Grazioli, le scuole Verdi, il fabbricato e la chiesa delle suore di Maria Bambina, fino al cimitero. Qui caddero 35 bombe che squassarono “gettando all’aria le tombe e spalancando i loculi” scrisse il giornalista Gian Pacher.
Almeno cinque di quelle bombe sono ancora inesplose nell’angolo nord-ovest del cimitero. Lo testimoniano le fotografie aeree scattate dagli anglo-americani dopo l’incursione e pubblicate in anni recenti.
“Gli ordigni inesplosi dovrebbero trovarsi a profondità tali da renderli inoffensivi” rivela un dipendente del comune di Trento. “Se ne è parlato anni fa, si era ipotizzata una bonifica radicale dell’area ma si sarebbero dovute esumare decine di salme. E poi, ripeto, saranno setto-otto metri sotto terra”.
“In ottant’anni si sono fatte varie rotazioni con esumazioni in tutti i campi del cimitero – dice Eraldo Franceschini – e non si sono mai rilevate presenze di ordigni di guerra. Va tenuto conto, peraltro, che un tempo il cimitero era a una quota inferiore. Sono stati effettuati riporti di terra ed il livello è stato alzato di qualche metro”.
Tanto è vero che nei campi delle sepolture dei militari vittime di guerra, prima che i resti fossero esumati e raccolti nell’ossario, si scendeva con una scala.
In 17 incursioni aeree sulla città – tra il 2 settembre 1943 e l’8 aprile 1945 – Trento ebbe 356 morti; i sopravvissuti alle ferite furono 55. Si contarono 294 edifici completamente distrutti, 450 abitazioni gravemente danneggiate, 502 con danni di minore entità. La ferrovia del Brennero, principale asse di collegamento per gli approvvigionamenti all’esercito del Terzo Reich, subì 240 incursioni tra lo scalo Filzi e il ponte dei Vodi, tra Lavis e Zambana.
Dopo il bombardamento del 2 settembre 1943 che aveva trovato la città impreparata, furono allestiti cinque rifugi antiaerei, il maggiore in via Grazioli, “un dedalo di gallerie che, assieme ai quattro ricoveri della città, riusciva ad accogliere quasi tredicimila persone”. Scriveva Gian Pacher (“Gli anni delle bombe”, 1973): “Trento è ormai una città che si vuota. Impariamo una nuova parola: “Sfollato”. Persino in una necrologia pubblicata, nei mesi successivi, su “Il Trentino” (giornale che ha sostituito “Il Brennero”, marcatamente fascista) sotto il nome dello scomparso comparirà la parola “sfollato”. Chi è scappato dalla città non vuole confondersi con i cittadini dei paesi circostanti”.
Tra le vittime del 2 settembre 1943, tre mesi dopo il bombardamento va annoverato anche il pittore Gino Pancheri, “il maggiore dei nostri artisti di quegli anni”, morto in ospedale, a causa delle ferite, la notte fra il 22 e il 23 dicembre.
Intanto La storia si fa teatro ed il teatro si fa memoria. Questa ed altre notizie saranno rievocate nel corso di quattro serate proposte dagli attori del Club Armonia (testi e regia di Renzo Fracalossi) nel cortile di Palazzo Geremia a Trento. Si tratta di uno spettacolo-rievocazione in quattro parti. Sotto il titolo “I giorni delle storie” va in scena un teatro a puntate “per ripercorrere ciò che avvenne a Trento, in Italia e nel mondo in quei sette giorni compresi fra il 2 e l’8 settembre di ottant’anni fa”. Si comincia sabato 2 settembre con “Un cielo azzurro”, per proseguire lunedì 4 settembre con “La polvere grigia”; il 6 settembre con “Nubi all’orizzonte”, per finire l’8 settembre con “Quando scende la notte”. Inizio per tutti gli spettacoli alle 20.30, ingresso libero.