L’orso, la (non) aquila, la volpe. Con l’approssimarsi delle urne d’autunno, lo zoo della politica trentina si sta configurando come un remake della “fattoria degli animali” che George Orwell (1903-1950) pubblicò nel 1945.
No, non ci sono il “Vecchio Maggiore”, il maiale di dodici anni onorato per la sua saggezza; e nemmeno Napoleon, Palla di Neve o Clarinetto. Non ci sono neppure i sette comandamenti con l’imperativo che “Tutti gli animali sono uguali” [“ma alcuni animali sono più eguali degli altri”]. Tuttavia, nelle liste elettorali ci saranno gli emuli di: Gondrano, il cavallo da tiro; Beniamino, il vecchio asino deluso e cinico; Mosè, il vecchio corvo; Mollie, la cavalla vanitosa; oltre a cani, pecore e galline.
A chi legge non manca certo la fantasia per assegnare un ruolo e un’immagine a ciascuno dei candidati al governo della fattoria provinciale. Per parte nostra abbiamo abbinato i tre candidati presidente (finora noti) a tre rappresentanti della fauna alpina.
Dopo mesi di letargo, il candidato presidente del centro-sinistra, lo stimato dott. Francesco Valduga, ha rotto gli indugi e si è presentato con alcuni compagni di viaggio (elettorale) in una cantina della piana Rotaliana (come dirà qui sotto Pier Dal Rì che con lui ha brindato ad un auspicato successo nelle urne).
Scorrendo i giornali si evince che il nostro ha delineato cinque grandi temi sui quali chiederà la fiducia al popolo trentino. E sono: salute, gestione dei grandi carnivori, equità sociale, scuola, rifiuti e mobilità. È la sintesi di un’operazione-ascolto cominciata il 20 maggio. Temi condivisibili, declinati sottotono forse perché il candidato presidente è costretto a traghettare verso le urne del 22 ottobre la capra e i cavoli, col lupo da tenere a bada. La sua coalizione, infatti, è formata da Partito Democratico, Campo base, Futura, Azione, Italia Viva, Più Europa, Casa Autonomia, PSI e Futuri Comuni. Sigle e cespugli portatrici e portatori di interessi e obiettivi diversi, talora divergenti fra loro. Come se un oncologo, anziché concentrarsi sul tumore principale fosse costretto a inseguire le metastasi che si manifestano qua e là.
Problemi suoi, si dirà. Preoccupa noi invece l’annuncio che, a breve, seguiranno 80 (ottanta) cartelle di programma che gli elettori, per dare un voto consapevole, dovrebbero almeno scartabellare. Quando si dice andare al cuore dei problemi.
Sull’altro fronte, la mancata aquila di piazza Dante, avuto il via libera da Roma (perché l’autonomia del Trentino è ormai appannaggio, e non da oggi delle segreterie romane) dovrà fare i conti con i “fratelli d’Italia” che fino ad oggi sono stati sopportati come fratellastri. Parenti-serpenti, non è vero? In verità, lo stimato commercialista Maurizio Fugatti ha dalla sua i cordoni della borsa provinciale. Tuttavia, nei cinque anni in piazza Dante ha volato basso. Ha offerto all’opposizione (quale?) esempi preclari di arroganza, supponenza e menefreghismo: dagli immigrati agli orsi prolifici oltre misura, ai dirigenti provinciali costretti a ricorrere al magistrato del lavoro; dalla sanità allo stremo, ai progetti naufragati degli ospedali di Trento e di Cavalese, all’imposizione di concerti spericolati e via discorrendo..
Se malefatte vi furono saranno messe in risalto e rammentate nei comizi da coloro che negli anni hanno palesato una opposizione di facciata.Quando i giochi sembravano ormai fatti, nel pollaio della destra elettorale si è fiondata la volpe. Lo starnazzar delle galline, anche di quelle di sinistra, non si farà attendere. Lo stimato ex senatore ed ex di molti altri incarichi, Sergio Divina, che si fregia della professione di avvocato, rammenta quel disegno che il compianto Emilio Serra fece porre sulla facciata del suo albergo Alpino, a Vermiglio. Rappresenta una vacca, tirata per le corna da un contadino e strattonata per la coda da un suo competitore. Sotto, con il secchio, c’è un terzo incomodo intento a mungere. Con l’indicazione: “Avvocato”.