Nella tormentata estate climatica del 2023, come un tuono improvviso ha fatto capolino la fulminea decisione di Sergio Divina di lasciare “insalutato ospite” la presidenza del centro culturale Santa Chiara. Che già il rassegnare le dimissioni, nel panorama politico locale e nazionale è una rarità.
Sergio Divina se ne va dalla presidenza cui l’aveva indicato, sia pure tra contorcimenti e mal di pancia, il suo “ex” partito, la Lega Nord (trentina), che trent’anni fa aveva fondato. Perché i giovani (?) padani in salsa locale hanno deciso di sospenderlo per sei mesi dal partito. Il reo Divina, colpevole di aver catalizzato attorno a sé la meno peggio gioventù di un tempo, era salito sull’altopiano a “chiacchierare” di politica attorno a un bicchiere e una fetta di salame.
Un po’ quel che capitò, anni fa, a Walter Pruner, figlio di cotanto padre dell’autonomia, colpevole di aver assistito dagli spalti ad un congresso del partito che l’illustre genitore aveva fondato. Due generazioni prima. Pruner è stato licenziato su due piedi da suo datore di lavoro, il presidente del consiglio provinciale, Walter Kaswalder, già condannato dalla magistratura del lavoro, in due gradi di giudizio, a corrispondere al licenziato alcune centinaia di migliaia di euro. Si attende l’esito del terzo ed ultimo ricorso in Corte di Cassazione.
Quanto a Sergio Divina, già consigliere provinciale, più volte senatore della Repubblica Italiana, si è licenziato da sé. Ed il gesto non è casuale. “Se non si rispettano i padri – ha dichiarato – vuol dire che da quelle parti c’è qualcosa che non va”.
E che la gestione della Provincia, alla quale i leghisti sono stati designati cinque anni fa da 70 mila trentini, non vada per il verso giusto, è sotto gli occhi di tutti. Oddio, proprio di tutti no ma di coloro i quali non sono stati accecati dallo sventolio della bandiera del Carroccio. E ce ne sono molti fra coloro che, cinque anni fa, incuranti degli appelli a evitare la deriva padana e antiautonomista, segnarono la croce sul simbolo dei sedicenti eredi di Alberto da Giussano.
In questo quinquennio, funestato dalla pandemia e dalle derive populiste, la croce è stata usata a sproposito e brandita come arma di propaganda di massa proprio da chi, con i propri comportamenti personali, è cartina di tornasole della secolarizzazione della società italiana.
Ecco, fra i “padani” meno grezzi, tra i nostalgici di un ideale di giustizia sociale e magari pure di solidarietà condivisa, il già leghista e senatore Divina potrebbe fare breccia nella prossima chiamata alle urne d’autunno. Che salga sull’altipiano o scenda in piazza, è certo a questo punto che sarà della partita.
Con tono pacato, da moderato di centro (liberale e democristiano), potrebbe convincere i delusi del PATT svenduto alla destra nazionalista a trovare casa sotto la bandiera del fu leghista d’antan. Carico di esperienza politica, smussate le spigolosità dei primi anni in cui fu costretto a condividere le piazzate del prorompete Obelix (che il dio Po lo abbia in gloria), provvisto della saggezza dei capelli brizzolati (8 febbraio 1955), l’avvocato Divina potrebbe diventare il regista del titolo: “la Commedia è finita”. Una buona notizia in questa tormentata estate in cerca d’autore.