Il nome del locale scritto a rovescio, sulla parete; l’orologio con le lancette che girano all’incontrario; il menù dal fondo: prima il caffè con la grappa, poi il dessert, il secondo, il primo, l’antipasto e, per finire, l’aperitivo. Un tempo, fino a non molto tempo fa, chi superava la soglia del circolo (ma il locale è quadrato) lo doveva fare a ritroso. Nessuno è conosciuto per nome e cognome, soltanto con il soprannome. La serietà è abolita, i musi rabbuiati sono messi alla porta. La goliardia ha fatto del “Zìrcol dei redìcoi e dei revèrsi” un ritrovo gustoso e non guastato dal malumore.
Tutto cominciò al “bar dei Cavài”, uno spaccio di vino e bevande spiritose, nel lontano 1956. Gli avventori erano costretti a sorseggiare il Teroldego e i suoi “cugini” stando in piedi perché, di qua dal bancone di mescita, non c’era nemmeno una seggiola. C’erano invece, tra i fondatori del sodalizio Clemente Cainelli, Guido Fedel il barista storico, “l’amico fedel” del “bar dei cavài”; il micologo Carlo Alberto Bauer (“el bauerina”), un ferroviere “el feràta”, Augusto Angeli, chiamato “el zèga” o “el stizza”, colui che “zinzegando” prendeva in giro gli abitué del locale, accendeva le discussioni e rideva sornione.
Tra i clienti figuravano professionisti di grido e poveri cristi, i “baroni del sol” (i clochard) e gli operai. Unico imperativo: essere o comportarsi da ridicolo. La maggior parte dei soci di questo singolare “circolo” avevano e hanno radici nel popolare quanto antico quartiere di San Martino. Sorto nel primo millennio oltre le mura cittadine, lungo la strada di Germania che risaliva il corso dell’Adige, finiva alla Malvasia dove erano giustiziati i condannati a morte sotto il governo del principe vescovo tridentino. Nel XII secolo vi operava un ospedale-ricovero per i viandanti, avviato dai Benedettini.
C’erano numerose osterie al servizio di carradori, bettolieri e zattieri dell’Adige. Costoro usavano un gergo di mestiere e si riunivano sotto le insegne della “società dei barcaioli”. La fiera di San Martino (11 novembre) durava più giorni. C’erano feste e manifestazioni popolari. Si possono ipotizzare in quelle pagine le origini goliardiche del circolo dei “redìcoi e dei revèrsi”. Alla primitiva dizione, negli anni Sessanta del secolo scorso vi fu aggiunta la categoria dei “policarpi”. Fu “don predica”, l’indimenticato parroco di S. Martino, Ettore Facchinelli (morto di Covid a 94 anni il 25 novembre 2020) a proporre un patrono: S. Policarpo. Fu vescovo del I secolo, a Smirne, il quale, rifiutando di difendersi dall’accusa di essere un cristiano, salì spontaneamente sulla catasta di legna per essere bruciato. In greco, Policarpo significa “creativo”. E quanto a creatività i “redìcoi, revèrsi e policarpi” non temono confronti. Nemmeno con gli “imbezìli”, sodalizio del vicino quartiere di Cristo re.
I policarpi festeggiano il patrono il 23 febbraio con una messa alla quale partecipano anche coloro che vedono la chiesa con il binocolo o non credono affatto. Quel giorno si nomina il direttivo di 9 componenti e, tra di loro, sono scelti il presidente e la presidentessa che resteranno in carica fino all’anno seguente. I soci sono 686 e soltanto loro possono frequentare il circolo di via San Martino 47, a Trento. Possono portare un accompagnatore ma è consigliato che pure lui versi i 10 euro della quota annuale. Così non sorgono problemi di accesso ai locali del circolo. Qui si gioca a carte, si sorseggia un bicchiere di vino o si beve un caffè. E si fa conversazione allegra. Le donne del rione, al ritorno dalla spesa, si fermano per leggere il giornale o per sferruzzare a maglia.
Dallo scorso 11 novembre il sodalizio di via S. Martino 47 ha designato quale presidente dei “redìcoi” Fausto Bonfanti, soprannominato “el strazza mistéri”, nato nel 1960 al numero 10 di via Torre d’Augusto, nel cuore del rione di San Martino.
Policarpo doc, Fausto Bonfanti (che di mestiere organizza eventi culturali e musicali) tiene aperti i locali del circolo dei “redicoi, reversi e policarpi”.
Spiega Bonfanti: “È un luogo di incontro e di condivisione. Per i soci sono organizzate serate culturali, con cori di montagna, piccoli concerti, lettura di testi. A pranzo prepariamo cibi della tradizione trentina: il giovedì trippe; il venerdì baccalà anche d’asporto; e poi gnocchi, canederli, crauti, sguazét, stracotto de mul”.L’orario usuale di apertura va dalle 9 alle 19.30. quando ci sono serate particolari si “sfora” senza problemi. Come racconta qui sotto Pier Dal Ri che si è trovato coinvolto, a sua insaputa, in uno straordinario sabato sera di inizio giugno.