Lettera da Spormaggiore. È arrivata in redazione una lunga lettera. L’interlocutrice, che non conosciamo e che non si firma, espone il proprio punto di vista sull’argomento che da un mese (e lo sarà anche nei mesi a venire) tiene le prime pagine dei giornali e occupa mille frammenti del web. È un punto di vista originale, ricco di spunti ed avvolto in quella cultura della tolleranza che gli sguaiati paladini degli animali hanno perduto. Se mai l’hanno avuta.
“Vivo con la mia famiglia nella località di Spormaggiore, tradizionalmente considerata il paradiso degli orsi. Per la prima volta ho pensato di scrivere ad un giornale, contraddicendo il mio carattere riservato. Ma la situazione attuale, con i tragici avvenimenti e le decisioni politiche in arrivo, mi spingono a tentare di esporre il mio punto di vista, parlando anche a nome di tanti miei amici e conoscenti che vivono, per così dire, nel mio stesso meraviglioso demanio delle Dolomiti di Brenta. Confesso che avendo io purtroppo una grave forma di disgrafia, non diagnosticata a suo tempo, ho dovuto chiedere ad un mio compaesano, che ringrazio, di aiutarmi a mettere su carta il mio pensiero.
Nella mia famiglia è tradizione considerare il bosco la casa degli animali. Siamo animalisti, infatti. E non da oggi. Per noi il bosco è di tutti gli animali. Dell’orso in primo luogo ovviamente, ma anche di tutti gli altri. Persino di quei terribili lupi appena arrivati, dei quali da secoli ormai non vi era più traccia. Il rispetto per ogni specie che è ‘altra’ o ‘diversa’ da noi è, e deve rimanere, sacro. Ma, detto ciò, dobbiamo ragionare.
Ovviamente io ritengo che pure l’uomo abbia il sacrosanto diritto di frequentare e abitare i boschi in sicurezza. Quando sento in giro certi sedicenti animalisti alzare un po’ sgangheratamente la voce, per arrivare quasi a dire che l’uomo dovrebbe ritirarsi dal bosco, che dovrebbe in linea di principio ‘azzerare’ le proprie attività di lavoro o di svago nella Natura per non disturbare ‘quei poveri animali’, mi chiedo dove siamo andati a finire. Per tanti motivi non posso mettermi a discutere con loro. Ma io la penso così: non è serio che gli uomini svalutino i loro stessi diritti in quanto uomini!
Quando c’è un conflitto tra due specie (come gli orsi e gli uomini, in questo caso) è necessario, io dico, che entrambe le specie accettino di comprimere i propri interessi o le proprie libertà, per consentire a ciascuna di abitare il loro bosco rispettosamente. Questo principio, autenticamente ‘animalista’, io non l’ho imparato su qualche libro di Scuola o non l’ho leggiucchiato sui social. L’ho imparato direttamente da mia madre, che me l’ha insegnato con grande coerenza e dignità. E io ora lo insegno con altrettanta convinzione ai miei figli.
Sento spesso tanti miei conoscenti, quando li incontro, borbottarmi istintivamente, con arroganza, le seguenti bestialità: “Questi boschi sono nostri, da millenni …” oppure: “Dio ce li ha dati, e guai a chi ce li tocca …”. Mamma mia! Imponendomi calma e pazienza, io obbietto loro che tutti gli animali hanno diritto ad uno spazio sicuro. Tutti ne hanno diritto. Compreso l’uomo dunque!
Non è possibile che un uomo vada in un bosco e rischi di entrare in collisione con qualche orso impazzito, addirittura subendo aggressioni o finendo sbranato! Lo dico a malincuore: un orso aggressivo contraddice un certo ordine “civile” della Natura, ormai faticosamente conquistato, e non può essere lasciato fare. Mia madre di questo era ultra convinta. Ci spiegava che il vero orso non ha l’indole di un carnivoro. Vegetariano al 90 per cento. Un orso che non fa l’orso – mi diceva – mette in pericolo prima di tutto gli orsi stessi!
Lei poi subito evidenzierebbe tuttavia pure il lato opposto della medaglia. Quando un orso si sta comportando correttamente (cioè ‘scontrosamente’), quando se ne sta nella propria nicchia, nei suoi areali, va lasciato in pace. Non è giusto – diceva la mamma– che all’improvviso si trovi di fronte qualche bracconiere che è andato a stanarlo con il fucile. Nei nostri territori è già successo tante volte, purtroppo. E forse anche in questi giorni.
Chiedo pertanto gentilmente, se mi posso permettere, un grosso favore all’autorità politica locale e, se di competenza, a quella statale. Lo esprimo, ripeto, non a titolo personale ma a nome di tutti coloro che abitano nel Parco Adamello Brenta. I forestali che gestiscono i boschi, e i tecnici che seguono i benemeriti programmi di ripopolamento delle specie a rischio, siano finalmente messi in condizione di fare il loro lavoro al meglio! Siano concesse loro più risorse e più sostegno, per essere investiti nell’educazione ecologica. Così che essi possano “insegnare” a tutti gli interessati (ai residenti e ai turisti, e anche, fin dove possibile, agli stessi animali) le regole elementari della convivenza tra specie, così che gli orsi siano più ursini e gli uomini siano più umani. Così che, in generale, ogni animale voluto dal buon Dio possa essere sé stesso, ma in equilibrio con tutti gli altri.
PS: Dimenticavo. Mi scuso se per ragioni di riservatezza non posso firmarmi. Oltretutto, ho per nome una imbarazzante sigla alfanumerica. Sono una giovane orsa di dieci anni, che spera in un mondo migliore”.