Data sepoltura alla vittima; individuata l’orsa “assassina” in Jj4 (la stessa che due anni fa aggredì padre e figlio sul monte Peller) dopo il furore e la rabbia, le promesse e la deportazione (se possibile) di almeno una cinquantina di orsi, il tema diventerà terreno di scontro elettorale. Tra chi cercherà di portare in mano provinciale la completa gestione del progetto “Life Ursus” a chi lo vorrà smantellare perché un morto basta e avanza. Nel frattempo protezionisti, animalisti, portatori di petizioni varie, dopo lo choc iniziale stanno nuovamente facendo sentire la loro voce. Tutti a dire che l’orso va difeso e protetto, che il progetto di ripopolamento delle Alpi è indice di lungimiranza e via discorrendo. Sempre a casa d’altri, naturalmente. Perché discettare di orsi in un salotto televisivo, con le immagini che scorrono sul chroma key, è una cosa; vivere in montagna col pericolo dell’aggressione di un predatore è un altro paio di maniche. Nel merito la riflessione di Pier Dal Rì:
Sì, forse la prima vittima trentina dell’orso lascerà una scia di profonda mutazione nei pensieri anche in politica. Certamente nella gestione ed espressione dei pensieri, degli orientamenti politici, delle visioni di futuro e della qualità della vita che ognuno di noi insegue o auspica. Cadute le grandi ideologie di un tempo, che costituivano dei blocchi granitici di pensiero, sul tema dell’orso, della sua gestione, del difficile e spesso conflittuale modo di proporne ed imporne la sua presenza si svilupperà il confronto. Difficile chiedere, come conseguenza, la rinuncia a libertà consacrate e all’adozione di stili di vita impropri per gente di montagna. Con il dubbio che il tutto sia funzionale e sottoposto al veto e giudizio, nonché al condizionamento del popolo dei turisti, un po’ viziati, resi celebri per le apparizioni televisive o cinematografiche come Selvaggia Lucarelli o Alessandro Gassman, maestri dell’apparire più che dell’essere, buoni a cavalcare ogni circostanza per accrescere il loro ego, anche in un momento di dolore per una intera comunità che si sente colpita a morte. Ecco, credo che questa sia una svolta radicale, anche in politica, più che destra e sinistra, sovranisti o autonomisti, liberali o socialisti. L’orso e le chiare idee su quale futuro avrà il Trentino.
Ci si chiede se si potrà continuare a vivere in sicurezza nel proprio territorio di montagna, boschi compresi. Se si potrà contare su una gestione dell’ambiente che sia meno funzionale al richiamo turistico; in base alle mode di mercato dettate da emozioni o un Trentino più orientato alla qualità della vita di chi ci vive e lo abita. Io credo che i blocchi che stanno preparando i loro programmi elettorali dovranno modificare radicalmente i loro obiettivi. Dovranno considerare il tema della presenza dell’orso come coagulo di molti significati: in termini di sicurezza, di autonomia nella gestione del territorio; di fruibilità delle risorse naturali, di economia silvo-pastorale; di distribuzione delle possibilità di vita anche sul 65% del già piccolo Trentino classificato come bosco e come tale non più fruibile in sicurezza.
Temo, ne sono certo, che non basterà una sceneggiata, una “braciolata” di carne d’orso, acquistata su internet, ma che servirà una parola chiara sul tema. Avendo ben presente che i Gassman e le Lucarelli o i leoni da tastiera in Trentino non votano. Prevedo che in molti lasceranno perdere i simboli cui hanno sempre guardato, ma voteranno chi assicurerà loro la fine dell’era dell’orso. Ci sarà chi lo farà anche mettendosi in gioco, magari alla guida di una rivolta di popolo se necessario. Ottobre è dietro l’angolo. Per chi ha frequentato i libri di storia, più che un mese di elezioni è sempre stato un mese di rivoluzioni.