Il 1° marzo è riconsegnata alla città di Trento la piazza della Mostra, dopo anni di lavori per rifare la pavimentazione e cercare di dare respiro al castello del Buonconsiglio, il biglietto da visita internazionale della città del concilio. Un respiro a metà perché l’ostacolo principale, e cioè la strada a grande traffico che scorre davanti all’ingresso, resterà trafficata come e, probabilmente, più di prima. Il sogno dell’architetto Adriano Goio (1936-2016), l’unico sindaco di visione europea che Trento abbia avuto negli ultimi cinquant’anni, resterà appunto un sogno. Voleva scavare un tunnel che liberasse dal traffico dei veicoli tutta l’area: da piazza Sanzio a via dei Ventuno. Le contingenze politico-amministrative gli lasciarono “scavare” il centro storico e farne almeno un salotto. Oggi desertificato di abitanti e di negozi a causa degli affitti proibitivi. Per secoli, piazza della Mostra fu l’approdo dei carrettieri che portavano derrate e legna da ardere alla città sull’Adige. Oggi, come nota amaramente l’architetto-contadino Pier dal Rì, c’è poco da esporre. Neanche l’orgoglio di dire: abbiamo fatto una grande opera.
In piazza Mostra c’è poco da mostrare. Lo dico adesso, sottovoce, per poi tacere e chiudere bocca. Lo dico perché non riesco a stare zitto. Fra poco aprirà piazza della Mostra, con il cantiere solo dichiarato finito. E Trento potrà finalmente vantare il titolo di città che fa le cose a limitata e contenuta metà. A Bolzano, per dire, sotto piazza Walter c’è una città intera, tutta bilingue, un ventre gonfio di vetture, come pure di negozi ed altro. Mutuando così tendenze da città europea che conosce il vizietto dei suoi cittadini che contempla non una, e non solo una e normale, ma una serie di vetture ecologiche ed elettriche per essere in linea con le normative. Si tratta comunque di volumi ingombranti quando si fermano: una macchina per ogni famiglia, un’automobile che tutti vorrebbero tenere sotto o vicino a casa se si vogliono case abitate. Quando si avvia un cantiere che paralizza una zona strategica e pone la città in stato di anestesia semitotale, si presume che, oltre alle analisi e alle diagnosi sul “che fare” si abbiano pure idee, programmi ed intese per fare tutto ciò che, entrati in “sala operatoria” serve. “Elementare”, direbbe il celebre investigatore inglese. Invece, nulla di tutto ciò.
La piazza della Mostra riapre con il rifacimento della pavimentazione, niente di più. Il sottosuolo è rimasto integro; non si avranno reperti archeologici, nulla sotto quel prezioso e strategico sito nel cuore di Trento. Il fabbricato che ospitava gli uffici della Questura, cadente ed abbandonato, resta lì bene in vista e ignorato. Quel palazzo è certamente fonte di sogni per chi cerca una sistemazione precaria o di fortuna, sito pregiato e per di più pubblico e senza l’alibi di un esproprio oneroso e complicato. Il traffico, intenso, continuerà a transitare davanti al castello che resta uno dei caposaldi della “città del concilio”. Il punto di partenza, da sempre, di cortei affollati, fin dal tempo dei vescovi principi dell’impero. Sede della loro residenza sontuosa, del vivere godereccio descritto dal “Batedèl” (alias: Aldo Bertoluzza, 1920-2007). Ecco, oggi nel dare la notizia, si rammenta un lungo elenco di sindaci, di assessori e autorità varie che nella storia hanno tentato di fare del loro meglio, di ipotizzare un tunnel sotto il castello per far defluire il traffico da nord a sud e verso la Valsugana; e cantine per i parcheggi. Ma non ci sono riusciti. Solo un po’ di pulizia, il cambio dei fiori nelle aiuole rivisitate; la posa di dissuasori per evitare il parcheggio e, ci si augura, almeno un grande telo bianco (modello artista contemporaneo di “sgarbiana” fama) che sappia avvolgere come un pacco regalo il fabbricato cadente di quella che fu la sede della Questura cittadina. Sentiamo già l’eco dell’annuncio che si aprirà un nuovo dibattito su che cosa fare di quell’immobile, una operazione ascolto per decidere (?) quale destinazione assegnare ed assicurare così continuità di chiacchiericcio a chi ormai rischia di restare ammutolito sul tema ospedale. Insomma: Not (profonda).
Auguri città dimezzata di Trento. Ti pensavo capace di osare. Vorrei suggerire, almeno per questa volta che di fronte a un tale, modesto, risultato i festeggiamenti almeno siano sobri. Limitati all’enfasi da scuola d’infanzia e non a qualcosa che assomigli a una “botta” di vita.