“Il vino uccide come le sigarette”. Così l’Irlanda, dove più del vino si consumano superalcolici, ha ottenuto con il silenzio-assenso di Bruxelles il via libera a etichettare le bottiglie di bevande alcoliche con l’allerta: “il consumo di alcol provoca malattie al fegato”, oppure: “alcol e tumori sono collegati”. Con ciò equiparando il consumo di vino con il fumo di sigarette. Il “vizio” dell’etichetta “sanitaria” potrebbe dilagare nei paesi membri dell’Unione Europea e riversarsi come uno tsunami sulla produzione vinicola italiana. Già in sede nazionale si cerca di sollecitare correzioni di rotta sulle etichette “italico-etiliche”, mentre il nostro Pier Dal Rì, piccolo produttore di vini rotaliani, si straccia le vesti e architetta la protesta. Eccola:
Pane al pane e Coca cola alla Coca cola. Sono un po’ smarrito: ogni volta che ho invitato amici per un brindisi, ogni volta che mi sono permesso di portare a cena, agli amici, una buona bottiglia di vino; ogni volta che ho comunicato, con orgoglio, di coltivare vigne per vinificare uno splendido e sublime Teroldego; ogni volta… ero e sono nel torto. Un fuorilegge. Scopro, infatti, che ho fatto, detto o istigato qualcosa che per le leggi non ancora leggi, per le norme non ancora norme e per una Europa non ancora Europa, era fuori norma. Avrei dovuto dire: la bottiglia che vi porto per cena va bevuta non solo con cautela ma l’etichetta va letta con attenzione. Diffidate di quanto scritto, guardatela bene e soppesate le parole scritte. Sia mai che l’etichetta nasconda contenuti malefici. Inoltre, si consiglia di mettere in atto tutte le misure precauzionali per non morire da ubriaconi, da alcolizzati, per non essere preda della cirrosi epatica, per non rovinarsi il volto con venuzze rossastre da avvinazzati. Non si dica mai che il vino migliora l’umore, fa buon sangue e “in vino veritas”. Non si osi pronunciare “salute” alzando il calice. Mai e poi mai dire: “auguri” perché qualcuno potrebbe pensare che si augura la morte. Ecco, ci mancava solo questo. Come pure ci mancava il silenzio compiacente di chi l’Europa l’ha voluta e creata, spero per altri motivi, e probabilmente non pensava fosse così difficile stabilire quanti litri di latte può produrre una vacca; quanti grappoli una vigna; come deve essere grande una vongola e in quali acque è consentito allevare le spigole. Non solo: in che bicchiere e in quali dosi brindare a un compleanno, a una laurea, a un matrimonio o a una saggia norma europea qualora, un giorno, venga annunciata. Spero che il Qatar e il Marocco, dove non si produce vino e dove, per ragioni religiose, è proibito gustarlo, non abbiano ordito ed ispirato la campagna europea dell’etichetta per far dilagare la loro avversione alla bevanda di Bacco.
“Perbacco”, ha commentato qualche nostro politico, insediato di recente nel Parlamento italiano e già semi candidato a quello trentino. La deputata Ambrosi (nome omen) infatti, rapida e svelta si è posta la domanda che si sono fatti tutti coloro che hanno portato in tavola, in vita loro, un goccio di vino. Serviva questa norma? Dobbiamo diventare irlandesi? Dobbiamo distruggere un patrimonio di etichette, spesso belle e ben fatte, che lodano vendemmie manuali, località e territori da esposizione; vendemmie notturne o tardive, qualità eccellente, famiglie nobili e cooperative zelanti, per listare a lutto le bottiglie di quella bevanda che gli antichi consideravano “ambrosia degli dei”? In tal modo si costringe chi le dona, le beve o le colleziona a sentirsi un potenziale spacciatore di veleni e di spiriti mortiferi, un fuorilegge se non si adegua a questa norma difficile da digerire. Tra bisolfiti e bicarbonato, invece, serviva allevare lieviti di buon senso. Stabilire norme che proteggano effettivamente la popolazione; iniziative ed attività protese alla salute degli europei, compresa la produzione in proprio dei farmaci che scarseggiano. Pare, invece, che ci sia la certosina ricerca di ciò che possa irritare e alimentare le proteste certe di una popolazione disperatamente alla ricerca di qualche elemento di radici comuni. Poteva essere anche il vino, prodotto e diffuso in quasi tutti gli stati membri della nostra amata Europa, i cui responsabili politici sembrano impegnati a ricercare nuovi motivi per decretarne la sua fine. Ma ci sono o ci fanno?
Non ci resta che un brindisi al buonsenso. Un tempo si diceva che “Trentino fa rima con vino”. Quest’idea balzana dell’etichetta “tabagista” fa rima pure con cretino.