Mercoledì 12 ottobre, alle 16, al cimitero monumentale di Trento il funerale di Piero Cavagna, il fotoreporter trentino precipitato sabato 8 ottobre da un sentiero, sulle propaggini del Gaza, fra Margone e Ranzo di Vezzano. Piero Cavagna, per vent’anni fotografo per il giornale l’Adige, libero professionista, già consigliere dell’Ordine dei Giornalisti del Trentino-Alto Adige, aveva 63 anni.
“Piero era un mondo. Esploratore della realtà vicina e lontana. Un grande fotografo e un grande intellettuale della fotografia. E adesso non c’è più”. Paolo Ghezzi (1957), già direttore dell’Adige (1998-2006), il giornale che lo ha avuto quale fotoreporter per vent’anni, dice che Piero Cavagna “aveva uno sguardo lungo e largo e una cultura fotografica di spessore”.
Bruno Zorzi, un trascorso da cronista a l’Adige, oggi giornalista all’ufficio stampa del Consiglio provinciale di Trento, è il collega che ha vissuto per molti anni fianco a fianco con Piero Cavagna. E che lo ha conosciuto anche nelle pieghe del carattere. “Era un caro amico, sospira, e in lui convivevano il bambino curioso ed estroso e l’uomo maturo. Collezionista di volumi sulla fotografia mondiale, aveva trasferito l’intera biblioteca (oltre tremila titoli) alla Galleria di Arte moderna a Roma, per la quale aveva curato il riordino e la catalogazione”.
A 63 anni e nonostante qualche problema di salute, era ancora un vulcano di idee e di progetti. Taluni fantastici, come molte delle sue iniziative professionali, altri più concreti. Avrebbe voluto riordinare l’imponente archivio fotografico della Provincia autonoma di Trento e passi in tal senso erano stati compiuti con la Soprintendenza ai beni archivistici e librari. Avrebbe voluto ampliare i corsi di fotografia che già aveva avviato con lezioni in alcuni istituti superiori.
Era imprevedibile e la costanza non faceva parte del suo bagaglio professionale. Troppe distrazioni, troppa curiosità, troppa voglia di vivere.
Vent’anni fa, assieme a Giovanni Cavulli, aveva portato a conclusione un progetto non privo di ostacoli. Dare un volto per la storia agli “Ultimi delle Crispi”, i ragazzini che frequentavano l’ultimo anno prima della chiusura per restauro del fabbricato di via San Giovanni Bosco-Piazza Fiera a Trento. Il volto sorridente di quei bambini, oggi uomini maturi, sguscia ancora dalle pagine di un volume che racconta un brandello di storia e di vita della città.
Ma altre rassegne, sulla disabilità e sugli ultimi della scala sociale, restano a testimoniare un impegno professionale non asettico, un guizzo di umanità che Piero Cavagna sapeva scovare anche nello scatto di cronaca o nella banalità ripetitiva delle conferenze stampa. Quando il 4 agosto del 2015 andò a fuoco la Torre civica di Trento, il fotoreporter dell’imprevedibile aspettò qualche giorno. Poi cominciò a scandagliare il mare del web alla ricerca degli scatti su quell’incendio fissati da dilettanti e da amatori, da passanti e dai curiosi. Non fu probabilmente farina esclusiva del suo sacco. Già altri fotografi internazionali avevano seguito quell’impresa. Scrisse il giornale “La Repubblica” il 23 aprile 2018: “La macchina che ti impedisce di scattare fotografie banali e ripetitive si chiama Camera Restricta. L’ha inventata un creativo tedesco di nome Philip Schmitt. Non ha niente di scientificamente straordinario, si limita a mettere insieme due tecnologie ormai di routine: la geolocalizzazione Gps e la reverse search (ricerca di immagini partendo da immagini) su Internet. In pratica, funziona così: la usi come una qualsiasi fotocamera, ma quando inquadri e premi il pulsante, in un batter di ciglia lei individua la tua posizione sul pianeta, poi su quella base consulta l’enorme archivio di fotografie della Rete per trovare tutte quelle che sono state già scattate allo stesso paesaggio e nello stesso luogo”.
Piero Cavagna, che era un passo avanti e che aveva cultura fotografica internazionale, l’aveva messa in pratica. Per un libro che non ha mai visto la luce. Un progetto fantastico, spezzato come la sua vita, un pomeriggio d’autunno, su un sentiero tra i villaggi del Gaza. Là dove lo sguardo accarezza la valle dei laghi e il pensiero si perde nell’eternità.