La presentazione, venerdì 7 ottobre, presso la Libreria Artigianelli, a Trento, di “Baracche nella nebbia – due testi teatrali sulla Shoah” di Renzo Fracalossi. Il libro, con una corposa prefazione di Alessia Bellusci, docente di Storia delle religioni all’Università Ca’ Foscari di Venezia, propone i testi di due atti unici. Sono i copioni di quel “teatro dell’abisso” messo in scena dagli attori del Club Armonia, di Trento, in città e nelle valli, in concomitanza con il “giorno della memoria” (27 gennaio). Per non dimenticare gli orrori dello sterminio di sei-sette milioni di uomini e donne, vecchi e bambini, sani e malati, programmato e attuato nei territori del Terzo Reich dagli aguzzini con la divisa nazista.
Renzo Fracalossi ha già pubblicato vari libri sulla questione ebraica, sull’antisemitismo, sullo sterminio degli ebrei: “E scese la notte”, 2019; “La scuola dell’odio”, 2015, appunti sulla storia dell’antisemitismo in Europa; “Shalóm Alechèm”, 2008, Simonino da Trento, una storia di persecuzione.
Tra le betulle, nelle foreste di là dal confine dell’ignoto, le baracche si scorgevano a malapena. Qualche frammento di muro, di filo spinato, nella nebbia dell’inverno e nella notte dell’umanità. Eppure, dentro quelle baracche, attorno a quei luoghi senza volto e senz’anima, vagavano gli aguzzini e i perduti; la disumanità e un’umanità straziata. “Vite indegne” le definisce Renzo Fracalossi (1962) che allo sterminio di popoli e di innocenti ha dedicato i migliori anni del proprio impegno: come autore di teatro, attore e regista teatrale, scrittore ed editorialista per giornali e pubblicazioni. Vite non degne di essere tali, di pensare, di agire, di vagare liberamente: con il corpo o con il pensiero. Vite braccate in nome di una superiorità della razza ariana, usate come cavie, oggetto di esperimenti: di tortura, di ricerca pseudomedica al servizio di una stirpe che si proclamava superiore.
Accadeva ieri l’altro, 80 anni fa, nel cuore dell’Europa, fra la Germania e la Polonia. Per chi non ha ancora fatto i conti con la storia, e noi italiani siamo tra costoro, Renzo Fracalossi ha dato alle stampe due testi teatrali sulla Shoah, lo sterminio di milioni di esseri umani. Programmato e compiuto con teutonica precisione tra il 1939 e il 1945. Si comincia col mettere in atto la “morte pietosa” di esseri “nati imperfetti” e la morte indotta dilaga fino a diventare sterminio di esseri considerati “diversamente umani”: per etnia, religione, emarginazione sociale, credo politico, orientamento sessuale.
In Germania, lo sterminio comincia con l’eutanasia di un minore, la soppressione attuata da un medico di un bambino di Lipsia affetto da malformazioni e disabile dalla nascita. Scrive Renzo Fracalossi che il medico, al quale la famiglia del piccolo si è rivolta con l’inusuale richiesta di eutanasia, è d’accordo. “Il dottor Werner Catel, neurologo e psichiatra, afferma che il bimbo andrebbe liberato dalle sue sofferenze attraverso una morte precoce e pietosa”. Ma in Germania, in quegli anni, l’eutanasia è ancora proibita. Non resta che rivolgersi al Führer il quale non solo consente la soppressione del bambino ma dirama una lettera con la quale consente ai medici di “concedere una morte pietosa” ai pazienti considerati incurabili.
Già il 14 luglio 1933, racconta Fracalossi, si era posto il primo mattone dello sterminio con la legge “sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie”. L’igiene razziale prevedeva “la sterilizzazione forzata di soggetti afflitti da malattie come la schizofrenia, l’epilessia, la cecità, la sordità, il morbo di Huntington, il ritardo mentale e l’alcolismo”.
Prima che nei confronti di zingari, mentecatti, ebrei, omosessuali, comunisti, e via discorrendo, le prove generali dello sterminio, in Germania, cominciano con la soppressione di Stato degli handicappati e dei minorati mentali. In nome della pietà, sia ben chiaro.
Forte della legge del 1933, con un ordine di servizio del 15 ottobre 1939, Adolf Hitler impone il censimento di tutti i “pazzi criminali, gli affetti da schizofrenia, epilessia, sifilide, demenza senile, paralisi, encefalite, malformazioni genetiche fisiche e psichiche, comportamenti asociali e alcolismo”.
Scrive Renzo Fracalossi che “stabilite le persone da eliminare, Berlino prepara le liste di trasferimento dai singoli istituti e poi gli operatori della Società di Pubblica Utilità per il trasporto degli Ammalati, indossando camici bianchi per camuffarsi agli occhi di medici e infermieri, caricano i pazienti su pullman grigi e li trasportano nel più vicino centro di sterminio”.
È cominciata la Shoah. In lingua ebraica significa “tempesta devastante”, ovvero “catastrofe” o “calamità”. Il testo di Fracalossi, con il copione dei due atti unici (“Vite indegne”, “Eppure io non ho paura”), spalanca la finestra su abisso nel quale è precipitata la civiltà del Novecento. Fu il “secolo breve” le cui ombre si prolungano sui nostri giorni.