La Giunta provinciale di Trento ha annullato il progetto del nuovo ospedale, cestina calcoli e disegni, nomina un commissario col compito di predisporre nuovi progetti, nuovo appalto, nuovo tutto. Possibilmente prima che la generazione dei ventenni abbia bisogno della gerontologia. Intanto, al “vecchio” ospedale di Trento, acciaccato dagli anni (appena 53, ma dopo una ventina un ospedale è già obsoleto) saranno assicurati 18 milioni di euro. Per fare qualche aggiustamento, qualche modifica, perché una nuova struttura, come si è visto, è ancora nel libro dei sogni.
È calato il buio sul palazzo delle aquile, in piazza Dante a Trento. La notte della ragione e di chi vuol avere ragione (e forse, alla distanza, magari l’avrà) dopo aver cancellato con un tratto di penna l’ultimo brandello del Not. L’acronimo sta per “Nuovo ospedale Trentino”. Sono più di dieci anni che la questione del nuovo ospedale per la città di Trento e per l’intera comunità provinciale, si trascina da un ricorso all’altro, da una indecisione a una levata di scudi. Prima l’appalto va a una cordata di imprese che fa capo alla Guerrato di Rovigo. Poi “not”, i lavori vanno assegnati alla seconda classificata, la Pizzarotti di Parma. La Guerrato va alla guerra delle carte bollate e ottiene dal Consiglio di Stato che le siano riassegnati i lavori, pur con le modifiche richieste nel frattempo dalla committente (leggi: Provincia di Trento e Azienda sanitaria del Trentino).
I giornali parlano di un “interminabile gioco dell’oca” mentre i polli siamo noi contribuenti, bell’e pronti ad essere spennati dalla Guerrato, privata dei lavori. Gli avvocati hanno già fatto sapere che il conto dell’annullamento dell’appalto veleggia verso i 40 milioni di euro. Per chi ha superato gli “anta”, e talora fa ancora i conti in lire, sono circa 80 miliardi della vecchia, deprezzata, moneta ante 2001.
Non saranno certo le argomentazioni del palazzo delle Aquile (c’è stato il Covid, abbiamo bisogno di nuovi spazi per l’università di medicina che va agganciata all’ospedale, e via discorrendo) a far desistere l’impresa disarcionata dal pretendere soddisfazione ed indennizzi.
Il no al Not, l’annullamento del progetto, la nomina di un commissario ad hoc, la ripartenza da zero, anche se sulla medesima area individuata a suo tempo, darà ora la stura a nuove idee e nuove proposte. Già il sindaco di Trento, Ianeselli, fa sapere che sarebbe meglio pensare ad allargare lo spazio, magari spostando più a sud il futuribile ospedale. Magari nell’area di San Vincenzo, patrono di Fugatti e Vasco Rossi. Sarebbe una via di fuga anche dalle possibili esondazioni di Adige e Fersina che, nell’area oggi individuata, non sono del tutto scongiurate. A metà strada fra Trento e Rovereto, come sostengono da tempo i medici (il chirurgo Claudio Eccher in primis) potrebbe prendere corpo un “Nuovo Ospedale delle Specialità”. Potrebbero chiamarlo NOS perché, come si è capito, NOT non porta bene.
Per motivi anagrafici abbiamo vissuto il trasferimento dal vecchio Santa Chiara all’ospedale di largo Medaglie d’oro. Era l’estate del 1969, un’era fa. Per la stessa ragione anagrafica non sappiamo se vedremo il giorno radioso della inaugurazione del Nos. Sappiamo, tuttavia, che la notte (e non solo della ragione) si preannuncia lunga e travagliata.
A proposito: chi sarà stato quel genio che ha suggerito al sindaco di Trento di far partire a una settimana dal voto i controlli e relative multe come se grandinasse, lungo l’asse di via Brennero-Lavis? I falchi di via Belenzani o non guardano il calendario o pensano che gli automobilisti, “mazziati”, domenica disertino le urne.
Dicevano una volta, per far votare la DC, che nella cabina elettorale “Dio ti vede”. Ma anche l’autovelox, pare. Per rubare il titolo ad un celebre film: c’è “il buio oltre la siepe”.