Sei giornalisti del “Trentino”, posti in cassa integrazione dall’editore Ebner a metà gennaio del 2021, dopo la chiusura improvvisa del loro giornale, hanno scritto una lettera al collega Alberto Faustini che domenica 4 settembre ha scritto un editoriale sul giornale l’Adige. Nel testo di addio, dopo più di tre anni alla guida del quotidiano di via Missioni Africane, a Trento, Faustini ha rivendicato l’esclusiva dell’Adige nella rappresentanza delle istanze, della cronaca e dello spirito dei trentini. La qual cosa non è piaciuta ai colleghi ex-Trentino i quali, già orfani della loro testata, si sono sentiti defraudati anche della loro storia professionale. La lettera, che ci hanno inviato e che pubblichiamo qui sotto, è anche la cartina di tornasole di un disagio che attraversa il mondo del giornalismo trentino. Con le testate di lingua italiana tenute in pugno da un editore sudtirolese che controlla l’80% della stampa regionale. E questa lettera segnala pure l’afasia di un pluralismo editoriale, più che necessario soprattutto in questi tempi cupi.
Certo, all’orizzonte si profilano altri giornali, nuove iniziative editoriali, ma la storia professionale dei colleghi rimane. Come il disagio di chi non ha più un foglio per manifestare la propria sofferenza, le preoccupazioni, la sfiducia e l’orgoglio di non sentirsi abbandonato. Per quel che vale, questo foglio liquido c’è. E se non ricordiamo male (la vecchiaia a volte fa brutti scherzi), avevamo depositato in tribunale la testata “Il Trentino nuovo” proprio per metterla a disposizione dei colleghi lasciati al freddo, in piazzale Sanseverino, una mattina d’inverno. Nel giorno di San Romedio.
Ps. Naturalmente, il collega Alberto Faustini, se lo vorrà, ha tutto lo spazio che desidera per chiarire. Visto che da oggi non è più direttore dell’Adige. A proposito, auguri al nuovo responsabile, Pierluigi Depentori. (Af)
Lettera ad Alberto Faustini
Caro direttore, siamo un gruppo di giornalisti del “Trentino”. Non usiamo, volutamente, la preposizione “ex”, perché, nonostante alcuni di noi siano stati costretti ad intraprendere nuovi percorsi professionali e ad altri sia stata strappata la penna di mano, riteniamo legittimamente di rappresentare l’anima e soprattutto la storia più recente del quotidiano chiuso con modalità da “Blitzkrieg” il 15 gennaio del 2021 dopo quasi 76 anni di vita.
Molti di noi domenica 4 settembre 2022 hanno letto il fondo con il quale ti sei congedato dal quotidiano da te diretto negli ultimi tre anni e mezzo. Molti di noi hanno provato un profondo senso di disagio e di fastidio quando hai definito il giornale edito da Sie “da sempre l’unico vero giornale dei trentini”. Da oltre un anno e mezzo siamo abituati ad avere interlocutori che calpestano i nostri sentimenti, oltre che i nostri diritti, visto che il tuo editore il 18 giugno 2021 è stato condannato per condotta antisindacale (sentenza mai impugnata) per la modalità con cui ha cessato le pubblicazioni del “Trentino”. Non c’è una legge che imponga empatia e sensibilità, ma la storia, nel caso specifico la storia dell’editoria trentina, non può essere né manipolata né banalizzata come hai fatto nel tuo articolo.
Non c’è dubbio: il quotidiano edito da Sie, soprattutto grazie all’impegno di bravi colleghi, è da anni leader nelle vendite in Trentino. Ma non è “sempre” stato così. Anzi. A lungo, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta – lo certificano i numeri – l’allora “Alto Adige” dominava largamente il mercato della stampa quotidiana nella provincia di Trento. Un trend che è stato invertito solamente nella seconda metà degli anni Novanta. L’”Alto Adige” prima e il “Trentino” poi hanno mantenuto rilevanti quote di mercato fino alla prima decade degli anni Duemila. Solo successivamente la forbice tra i due quotidiani trentini si è allargata in modo consistente.
Evitiamo analisi accademiche sulle ragioni del solco che si è scavato tra i due giornali: politiche aziendali? Linee editoriali? Capacità di interpretare meglio la realtà? Lo rileviamo senza voler fare facili polemiche, tuttavia la tua frase sull’”unico vero giornale dei trentini” stride ancora di più considerando che quel gap di vendita fra i quotidiani si è fatto evidente nei dieci anni in cui tu hai diretto il “Trentino”, fra il 2009 e il 2019. Nel 2010 – dati incontrovertibili – il “Trentino” aveva una diffusione di 14mila copie, nel 2019 erano 6.500.
Aggiungiamo, visto che nel tuo editoriale parli di colleghi leali, che al “Trentino” hai avuto un’intera redazione leale, una redazione che – pur fra le normali dialettiche che ci sono in un quotidiano e mille problemi aziendali – ha cercato ogni giorno di declinare la tua visione. E lo ha fatto perché la fiducia – quella che per noi è stata profondamente tradita – è la base di qualsiasi relazione, professionale ma soprattutto umana. Quando sei stato nominato direttore del quotidiano della Sie, e in parallelo hai mantenuto la guida dell’”Alto Adige” di Bolzano, alcuni di noi ti hanno manifestato chiaramente la preoccupazione per il destino del “Trentino”, temendo che quella doppia, anomala direzione altro non fosse che il prologo alla chiusura della nostra testata. Evento che poi si è puntualmente avverato. Tu, allora, ci hai rassicurati, erigendoti a “garante” dei giornalisti del Trentino: un impegno morale che, alla prima onda, si è rivelato scritto sulla sabbia.
In questo anno e mezzo non hai mai preso pubblicamente le difese del “Trentino” e dei suoi giornalisti. Hai avallato la chiusura con un silenzio complice, perché, come scrivi nel tuo fondo, per te era evidentemente un “sacrificio necessario”. Ma necessario a favore di chi? Il 15 gennaio del 2021, giorno in cui ha cessato le pubblicazioni, il “Trentino” vendeva circa 5.500 copie. Dato comunicato dall’editore: diamo per scontato che non abbia detto una bugia. In una realtà come la nostra, sono numeri ancora significativi, che non giustificano una chiusura. In Italia ci sono quotidiani con una diffusione ancora minore, ma in realtà molto più grandi del Trentino, eppure nessuno ha mai pensato di spegnere quelle voci.
Non esiste “un unico vero giornale dei trentini”. Esiste un giornale bravo ad interpretare la sensibilità della maggioranza dei trentini ed esisteva un giornale che intercettava la sensibilità di una fetta considerevole della società trentina. Caro direttore: si chiama pluralismo. Caro direttore: si chiama democrazia. Parole che, ci rendiamo conto, fanno a cazzotti con l’ideale monopolista del tuo editore, che pur riceve ogni anno milioni di euro di contributi pubblici proprio perché rappresenta con le sue testate una minoranza linguistica.
Tutto questo lo scriviamo per ricordare i fatti, non certo per “amore di verità”, come piace dire a qualcuno. La verità si difende da sola, non ha bisogno di noi. La verità emerge da sola, non ha bisogno di spintarelle. A volte basta leggere, una domenica mattina, l’articolo di fondo di un giornale.
I giornalisti del “Trentino” Ubaldo Cordellini, Giuliano Lott, Paolo Morando, Gianfranco Piccoli, Daniela Ricci, Paolo Silvestri