Il 27 aprile 2022, all’imbrunire, nella piazzetta Mario Borzaga, della parrocchia di S. Antonio a Trento, alcuni laici si sono incontrati per discutere di sinodo e di Chiesa cattolica alle prese con la secolarizzazione. Poiché il tema è di interesse più ampio, coinvolgendo l’intero mondo cattolico, merita diffondere una sintesi di quanto emerso. Scrivono: Silvano Bert, Flavia Cainelli, Laura Mollari, don Severino Vareschi, Paolo Ziglio
Perché papa Francesco non ha accettato la proposta del Sinodo dell’Amazzonia di ammettere al sacerdozio i “viri probati”? Sarebbe stato un primo passo per il superamento del celibato ecclesiastico obbligatorio e per il sacerdozio delle donne.
Per risparmiare energia, all’imbrunire, rinunciamo alla Sala n.7 (dell’oratorio di S. Antonio). Conversiamo nella piazzetta, animatamente, a voce alta, senza facilitatore. Non siamo la folla sperata, anche se questa volta l’invito a partecipare, oltre che sul foglietto, è venuto dal pulpito, alla messa domenicale. La nostra parrocchia ha un albo sinodale, con i verbali da leggere, a disposizione di tutti. Ci siamo anche impegnati, in un confronto collettivo, a unificare i contributi dei gruppi in un unico documento parrocchiale da inviare alla diocesi.
* Non vantiamoci troppo. Forse in altre parrocchie si sono inventati modalità più efficaci delle nostre. Viene da lontano la difficoltà a partecipare attivamente: da sempre i laici, “chiesa discente”, sono stati educati ad ascoltare il clero in silenzio, “chiesa docente”. È il “clericalismo” il peccato della Chiesa cattolica, ripete papa Francesco. La Cei questo Sinodo non lo voleva, per paura.
Uscendo dalla chiesa, ci vede il parroco. Si avvicina e si ferma a ragionare con noi, laici, uomini e donne. Siamo in cammino, all’imbrunire, ma con speranza.
* La nostra diocesi si è rifiutata di proporre una relazione introduttiva sul Sinodo, per tutti. Poteva supplire la Cattedra del Confronto. Quest’anno le tre parole “Uguaglianza, Libertà, Fraternità” erano quelle della Rivoluzione francese del 1789, quelle che la gerarchia della Chiesa ha condannato per due secoli perché avrebbero distrutto la “società cristiana”. Ma nessuno dei sei relatori, nelle loro lezioni colte, progressiste, ha sentito il bisogno di richiamare il pubblico al valore sinodale di quelle parole, alla svolta segnata dal Concilio Vaticano II nel rapporto con la modernità. È stato difficile scrivere la Gaudium et spes, ma è più difficile, ancora oggi, recepirla attivamente nella storia.
* Io ho sentito una donna dire che la domenica viene a messa per riposare, non per pensare, men che meno per parlare e poi agire nella storia. Per essere “lievito”, diremmo noi. È questo il clericalismo dei laici. All’albo sinodale uno, anonimo, scrive che la messa, per i giovani soprattutto, è “noia”. Qualcuno di noi ha fatto l’esperienza della Comunità di S. Francesco Saverio, con p. Giorgio Butterini: l’omelia poteva essere commentata, la celebrazione qualche volta durava a lungo. È vero però che anche molti dei nostri figli non vanno più in chiesa. La secolarizzazione va spiegata in altri modi, e accettata, come segno di pluralismo positivo della società.
* Una volta, alla messa degli scout, una ragazza all’ambone ha pregato così: “Preghiamo perché nella nostra Chiesa ci sia un luogo dove possiamo parlare liberamente, ed essere ascoltati”. In un’occasione così l’assemblea celebrante non dovrebbe sciogliersi prima di garantire alla giovane una risposta. Invece non è successo niente.
* Torniamo al Sinodo dell’Amazzonia. La ragione profonda del “no” del Papa è il timore di spaccare la Chiesa, che lui ha la missione di tenere unita, in comunione. Papa Francesco sullo spazio da occupare, nel presente, privilegia i processi da avviare nel tempo.
* È la stessa ragione, l’unità da salvare, che ha spinto Paolo VI a riservare a sé i temi del celibato ecclesiastico e del controllo delle nascite, quando la discussione nel Concilio Vaticano II si stava animando sui temi della sessualità e della famiglia. Con le conseguenze che sappiamo: l’enciclica Humanae vitae e la resistenza a riconoscere il mondo Lgbt, fino alle timide aperture di papa Francesco. Sul sacerdozio alle donne ricordiamo come Adriana Zarri, teologa, replicò al “no” di papa Woytjla: “Se è vero che nell’ultima cena non c’erano donne, certamente non c’erano nemmeno polacchi!”
Il piccolo gruppo sinodale si unisce in una risata liberatoria. Resta lo spazio per il rimpianto di uno: “Questa sera pensavo di confrontarmi con voi sull’ecumenismo. Nel pieno della guerra in Ucraina, papa Francesco è costretto a riconoscere che oggi non ci sono le condizioni per un suo incontro con il patriarca russo Kirill. La Chiesa ortodossa, è il pensiero di un teologo come Pietro Stefani, non ha avuto un Concilio come il Vaticano II. E pensavo di confrontarmi sul dialogo fra le religioni. Alcuni di noi, nel 2008 hanno fatto l’esperienza della colletta per la moschea della Comunità islamica”.