Con l’inaugurazione di un tratto di pista ciclabile nel comune di Mezzocorona si chiude, dopo trent’anni, una vicenda che avrebbe potuto essere definita tanto tempo fa. Se ne fa portavoce uno dei promotori, l’arch. Pier Dal Ri, il quale non se l’è sentita di partecipare alle celebrazioni ed agli evviva inaugurali. Rovistando nel cassetto della memoria, si toglie qualche sassolino. Per gettarlo definitivamente nell’Adige.
Ricordo benissimo come fosse ieri, era circa venti anno ora sono o forse di più, sindaco di Mezzocorona era Mauro Fiamozzi, assessore provinciale alle piste ciclabili,Vecli, ed io, dirigente del “servizio ripristino”, mi occupavo di sviluppo della rete ciclabile. In quella occasione, non volli dimenticare la mia “rotalianità” e mi impegnai, entusiasta, a perseguire anche per la mia zona progetti ed investimenti per assicurare la ciclopedonalità di una area che, se pur agricola, poteva di certo essere strategica per una conversione al cicloturismo e quindi ad una economia mista, pur se compatibile con una forte propensione agricola.
Mezzocorona, sede di una strategica stazione ferroviaria, la prima in ingresso in trentino dall’Europa. Per quanti volevano sperimentare ciò che andava di moda era un abbinamento che stava per essere promosso come stile di buona pratica ambientale nel mercato tedesco, vale a dire: bici più treno. Di fronte alla stazione di Mezzocorona vi era poi e c’è ancora, un ex albergo, il “Donati”, che qualche investitore illuminato avrebbe potuto collegarlo a progetti integrati di turismo coordinato con le agenzie specializzate tedesche. Sarebbe servito per una prima accoglienza: noleggio bici, sede di guide e servizi di supporto e di promozione ed indirizzo per una settimana di cicloturismo in Trentino.
L’idea fu immediatamente condivisa e sostenuta dal sindaco di Mezzolombardo, Rodolfo Borga, e di S. Michele, Moser, come pure, in via personale, da Mauro Fiamozzi di Mezzocorona. Il quale, pur subendo da sempre il suo status di espressione del mondo rurale era il sindaco che seguiva e prendeva l’eredità di Guido Conci, passato dallo scranno di primo cittadino a quello di presidente della cantina di Mezzocorona. In quel periodo, lo ricordo bene, sulle piste ciclabili si era aperto un grande e fervido dibattito, fra chi le sosteneva e ne auspicava lo sviluppo e chi temeva, invece, che rubassero terreno coltivabile al Teroldego. Pertanto, impoverissero la categoria dei coltivatori, non ancora pronti, tutti, ad una economia che contemplasse l’agriturismo, il Bed and Breakfast e il contatto armonico con una filosofia di turismo compatibile e relazionabile con l’ambiente, come poi avvenuto. Rodolfo Borga ne fu entusiasta e, ricordo, mi accompagnò dai privati, dagli agricoltori, dai possidenti dei suoli interessati al percorso, per convincerli a favorire i progetti e non frapporre alcun ricorso e far sì che i tempi di realizzazione potessero essere rispettati. Fu così che la Provincia autonoma di Trento, di cui ero dirigente responsabile del progetto, non perdette l’occasione di un corposo finanziamento europeo che era già assegnato, su nostra richiesta, per la Piana Rotaliana.
Il sindaco Moser di S. Michele propose pure il sogno di collegare Grumo e San Michele con un ponte, considerando la presenza dell’Istituto agrario e del museo degli “Usi e costumi della gente trentina”. Ma i fondi iniziali non erano sufficienti e, di conseguenza, si convenne di spostare l’opera ad un secondo tempo. Non si possono negare le difficoltà per convincere i privati a desistere dall’opposizione legale che avrebbe allungato i tempi ed annullato la possibilità di un finanziamento certo. Rodolfo Borga, avvocato, lo comprese bene e si prodigò di persona. Ricordo che in alcuni casi mi invitò per sfidare alla morra il proprietario di un terreno interessato al passaggio della ciclabile, il quale cullava l’idea di ricorrere alle vie legali. Tutto sembrava procedere per il meglio. Nel tratto che riguardava il comune di Mezzocorona, risolti i problemi con i proprietari dei fondi agricoli prima della “galletta”, pensavo che il progetto potesse proseguire dal ponte fino alla stazione ferroviaria. Le aree di sedime dalla “galletta” alla stazione erano già di proprietà provinciale in quanto si trattava di una ferrovia dismessa e traferita, per lo Statuto di Autonomia ai beni provinciali demaniali. In tal modo il progetto poteva essere integrato con investimenti di supporto, a servizio del cicloturismo, da parte di privati che avevano espresso interessi per ristrutturare l’ex albergo Donati, ancora rudere abbandonato. Questo erano il mio auspico e la mia convinzione. Una quasi certezza. Non sapevo ancora che alla riunione conclusiva, nella sala di rappresentanza del comune di Mezzocorona, si sarebbe presentato l’avvocato Luca Rigotti, giovane laureato in legge che faceva parte del consiglio della cantina di Mezzocorona. Questi, in nome e per conto della Cantina, avrebbe annunciato un ricorso per via giudiziaria, in quanto le biciclette, in transito sulla ciclabile, avrebbero potuto disturbare l’accesso dei carri alla cantina divenendo pure un pericolo per la sicurezza! La delusione, lo ricordo ancora, fu cocente e indescrivibile. Soprattutto per me, originario di Mezzocorona, socio della cantina, ex consigliere, innamorato del mio paese come tutti coloro che vanno ad abitare per motivi di lavoro fuori zona, sposato con una ragazza di Mezzocorona. Quel ricorso, presentato in quel modo, in una circostanza nella quale si attendevano solo applausi e con quel silenzioso assenso del comune, fu come una pugnalata. Quel momento mi illuminò su come fosse profondo il solco delle diversità di veduta e mi rivolsi al sindaco Moser di S. Michele assicurandogli, in extremis il finanziamento del ponte. Aveva solo quindici giorni per presentare un progetto e non perdere il finanziamento europeo che poteva essere speso solo entro i perimetri del disegno originale. Diversamente si sarebbe perso in via definitiva. Oggi, martedì 19 aprile 2022, giorno inaugurale di un’opera, pensata e progettata quasi trent’anni fa, vuoto il magazzino dei magoni tristi.
Coloro i quali, in quel tempo, non ebbero lungimiranza e visioni di prospettiva spero abbiano oggi il coraggio di chiedere scusa. E magari, di provare un po’ di imbarazzo per aver fatto ricorso all’arroganza, al ricatto condizionante, anziché alla ricerca di dialoghi e di intese collaborative. Se tutto ciò accadrà, se la felicità per un’opera inaugurata porterà questi frutti, si potrà dire, spero: meglio tardi che mai! Quanto a me, che sono stato censurato malamente molto tempo fa, pur consapevole che, a volte, la memoria è labile, ho ritenuto doveroso ricordare tutto ciò per rendere onore a chi credette, a chi non c’è più e chi ha finalmente cambiato parere!