“Vaffa… p… tr…” disse a microfono spento, ma con le labbra rimaste scoperte dalla mascherina, la signora. Ah, il covid, che grande opportunità! Fra i lutti quotidiani, i contagi planetari, gli ospedali strapieni, almeno ha avuto il pregio di imporre sul viso la Ffp2. E di fare in modo che molte imprecazioni, certi turpiloqui dei rappresentanti le Istituzioni, sfuggissero ai cronisti vista l’impossibilità di leggere il labiale. Ma il diavolo, talvolta, ci mette del proprio. Martedì 8 febbraio 2022 è una data che va segnata, anzi: Segnana, sul calendario del bon ton istituzionale.
La signora, che tale vorrebbe essere, titolare pro tempore delle deleghe alla sanità ma non, probabilmente, all’igiene del linguaggio personale, ha chiuso con un “Vaffa.. p… tr…” la sua replica a un’interrogazione di una collega consigliera provinciale. Quest’ultima, transitata dal partito della “sorella” assessora alla destra dei “fratelli”, chiedeva lumi su una trasmissione televisiva nel corso della quale si paventavano discriminazioni della sanità trentina nei confronti dei “no vax”. Ora, se chiedere è lecito, rispondere è cortesia: di solito. Non nelle austere aule del palazzo della Regione, a Trento, dove, talvolta, si perdono ragione e ben dell’intelletto. Capita di perdere le staffe e cadere dalla poltrona (se la si cavalca), ma quando accade, il quadrupede che è in noi raglia come un asino. Già lo scorso anno era toccato in sorte a un altro consigliere, legato all’assessora da comunanza di idee (ammesso che ne avesse) e di partito. Il quale, mal digerendo il cambio di casacca di due colleghe, passate ad altro raggruppamento politico, aveva scritto sui social: “Nella vita come nella politica i leoni restano leoni, i cani restano cani, e le tr… restano Tr…”.
Con ciò rammentando l’antica città di Ilio, sulla costa occidentale dell’Anatolia, celebrata da Omero, del cui studio si era pasciuto il nostro, non è noto con quale profitto, al tempo del liceo classico.
Ma se il consigliere, poco assennato e molto assetato (non solo di poltrone), è scivolato dal quadrupede che è in lui, all’assessora ai lutti ed alle pandemie proprio non è concesso. Perché l’Istituzione che rappresenta gode sì di ampia autonomia, ma non al punto da permetterle l’indipendenza dal galateo. Se la signora proprio non ce la fa a trattenersi dagli insulti, che dica le parolacce davanti allo specchio del bagno. Luogo deputato alle nequizie, verbali e non. E poi, l’aula dove le è scappato l’insulto è proprio dirimpetto al monumento al massimo poeta. Colui il quale scrisse versi memorabili e collocò i potenti nei gironi dell’Inferno. Per la signora, segnata dal turpiloquio, ci accontentiamo di rammentare il canto sesto (versi 76-78) del Purgatorio, laddove Dante condanna il degrado della politica: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello”. Proprio così.