Dopo il giorno della memoria (27 gennaio), il giorno del ricordo (10 febbraio) “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Così la legge del 30 marzo 2004 n. 92 approvata dal Parlamento italiano.
La storia degli esuli di lingua italiana dalle regioni a est dell’Adriatico abbraccia almeno due secoli. Una epurazione cominciata già con l’imperatore d’Austria, Francesco Giuseppe, dopo le guerre di Indipendenza italiane. Favorì l’esodo poiché temeva l’irredentismo di matrice italiana. Il 12 novembre 1866, nel corso del Consiglio della Corona ordinò che si agisse “in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno”.
In tal modo, nei primi anni del Novecento 35 mila persone di lingua italiana furono espulse dalla Venezia Giulia, a vantaggio di sloveni e croati creduti maggiormente affidabili. Duecentomila austriaci di lingua italiana (compresi 75 mila trentini) furono internati nelle “città di legno” nel corso della Grande guerra. La snazionalizzazione della popolazione in quelle terre sulle coste orientali dell’Adriatico proseguì fra vessazioni, pogrom, violenze anche dopo il crollo dell’impero danubiano. L’indomani della prima guerra mondiale i territori annessi al regno d’Italia furono a loro volta caratterizzati da un processo di italianizzazione forzata. Con ciò alimentando odio, vendette, regolamenti di conti che si palesarono nel corso e subito dopo la seconda guerra mondiale con “l’infoibamento” (uomini e donne gettati vivi in profonde cavità naturali, a morire di fame e di sete dopo atroci tormenti).
Con il trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 – 75 anni fa – alla Repubblica italiana fu levato, per cederlo alla Jugoslavia di Tito, gran parte del territorio della Venezia Giulia e l’ultimo lembo “italiano” della Dalmazia.
Riprese in quel periodo l’esodo massiccio delle popolazioni giuliano-dalmate, un’emigrazione forzata della maggioranza di coloro che avevano nazionalità e lingua italiane. Oggi gli storici calcolano che siano almeno trecentomila gli esuli istriani nel mondo.Fin qui la sintesi di una storia complessa e complicata di un popolo, una storia che molti conoscono e che da qualche anno, il 10 febbraio viene rispolverata nel “giorno del ricordo”. Ciò che molti non sanno è che il popolo dalmata forma un comune che abbraccia l’Italia e il mondo. È il “Libero comune di Zara in esilio”. Lo racconta per noi la giornalista veneziana Nadia de Lazzari.
Un sito web unisce gli esuli dalmati nel mondo
Anno nuovo, sito nuovo. Ci sono date e gesti che restano impressi nella memoria e nel cuore. Una data da segnare in calendario: 14 gennaio 2022. L’Associazione Dalmati Italiani nel mondo – Libero Comune di Zara in Esilio ha inaugurato il sito internet dalmatitaliani.org. Il gesto, invece, è il “click” fatto insieme a distanza, da Orvieto in Umbria e Asiago in Veneto, dal neo sindaco dell’ADIM–LCZE Toni Concina e dalla piccola Zara Gloder. Entrambi stringevano tra le mani un oggetto di colore rosso (il coraggio), l’uno a forma di cuore (l’affetto), l’altro tondo con la scritta “easy” (la tecnologia). Certo il mondo è facile, candido, innocente per una bimba di 4 anni. Concina, già sindaco di Orvieto, manager e musicista, ha così esordito: “Ho il privilegio di tenere a battesimo questo sito che è una forza e ci fa lavorare insieme. Noi ci stiamo mettendo il cuore e il coraggio. Dalmazia, Istria, Fiume, Pola, Spalato e la mia Zara dovranno conservare nei secoli il profumo delle loro pietre romane, veneziane e italiane… non per malriposta sete di riconquista, improponibile, ma per allargare le menti delle genti di confine verso una convivenza sempre più profonda ed europea…”. La speciale cerimonia si è svolta con la tecnologia digitale online della piattaforma Zoom. Momenti di emozione, commozione e gratitudine hanno ripagato quasi tre stagioni di impegno vissuti in pandemia covid e lockdown. Mesi trascorsi ad ascoltare autorevoli voci, a cogliere suggerimenti di grandi, giovani e giovanissimi, a sfogliare libri, riviste, anche vecchie agende telefoniche. Non solo. Il progetto ha riallacciato dialoghi con l’altra sponda del mare Adriatico per far memoria di persone che non ci sono più, per coltivare identità e cultura, per rinsaldare valori umani e per guardare insieme il futuro con amicizia, speranza, prosperità. Ognuno affacciato alla propria finestra virtuale è intervenuto con riflessioni e ricordi. Da Torreglia (Padova) il presidente onorario Franco Luxardo ha rievocato la storia dell’Associazione e il primo raduno dei dalmati. Era il 1953 a Venezia, in Piazza San Marco c’erano 7.000 persone. Da allora un raduno ogni anno percorrendo l’Italia. Da Milano il Segretario Generale Elisabetta Barich ha osservato: “La comunicazione odierna richiedeva necessariamente un cambio di passo”. Da qui l’orientamento della Giunta: la creazione del sito internet. Da Padova l’assessore alla cultura Adriana Ivanov Danieli ha sottolineato: “Ci siamo tuffati in un’avventura nuova in cui continueremo a navigare perché il mare è elemento di congiunzione, in particolare per il mondo della Dalmazia”. Momenti struggenti durante la recita di una poesia inedita “In onore di Zara” della vicentina Rachele Chantal Dell’Olio: “… xe tante famiglie con i pici scampadi da 54 bombardamenti che li ga sradicadi…”. Il sito, progettato a Venezia dal neo responsabile della comunicazione Vittorio Baroni per unire gli esuli dalmati nel mondo, è uno spaccato ricco di umanità e informazioni, dall’archivio de Il Dalmata (da fine ‘900 ad oggi) ai widget, vale a dire immagini interattive social collegate in tempo reale a varie pagine Facebook, dalle cronache dei raduni al messaggio in video podcast del Console Generale d’Italia a Fiume Davide Bradanini per la sua prima visita a Zara, ponte fra Italia e Croazia, memoria e storia, generazione attuale e quella che verrà. Tra le news culturali del sito una fra tutte: i 14 accordi di cooperazione bilaterale dell’Università di Zara con le università italiane e il programma di mobilità Erasmus+ che unisce 35 atenei italiani alla Dalmazia. Un dato recente: nella prima settimana il sito ha superato oltre 2700 visite in Italia, Stati Uniti, Croazia, Canada, Regno Unito, Argentina, Spagna, Svizzera, Australia, Irlanda, Slovenia, Grecia, Belgio, Città del Vaticano, Francia, Austria, Serbia, Paesi Bassi, Bosnia ed Erzegovina, Portogallo, Brasile.
Andiamo a ritroso. C’è un’altra data da ricordare: il 26 settembre 2021 a Senigallia nelle Marche è stato eletto il sindaco Toni Concina che ha preso il testimone da Franco Luxardo e prima da Ottavio Missoni. L’Associazione, fondata nel 1963 con sede a Torreglia, ha una struttura davvero singolare: è organizzata come un Comune che abbraccia l’Italia intera e ne supera i confini. Guidata da un “sindaco” è formata da una Giunta esecutiva di dodici membri con due vice sindaco, un Consiglio di quarantacinque membri e un Segretario Generale. Compongono il quadro istituzionale i Senatori, i Probiviri e i Revisori dei Conti. Organo sovrano è l’Assemblea dei cittadini, i mandati sono quinquennali e gli incarichi gratuiti. L’Associazione persegue fini ed attività culturali per far conoscere la tipicità della multietnica terra dalmata.
Infine un’ultima importante data. Il 10 febbraio è il “Giorno del Ricordo” istituito nel 2004 con la legge n. 92 “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Furono 350mila gli esuli, vite di bambini, donne, uomini. Oggi per loro un gesto d’amore: un minuto di silenzio.
Nadia de Lazzari
Il Guardian Grande della scuola Dalmata di Venezia
Per il “giorno del ricordo”, Vittorio Baroni ha incontrato Piergiorgio Millich, zaratino doc, il Guardian Grande della scuola Dalmata di Venezia dei Santi Giorgio e Trifone.
“Il 75° anniversario del Trattato di Pace ha sancito il definitivo abbandono delle nostre terre a favore della Jugoslavia, oggi Croazia. Adesso io sono qua alla Scuola Dalmata che è un’istituzione molto molto più antica e risale al 1451. Abbiamo secoli di storia alle spalle, secoli di convivenza e soprattutto di convivenza pacifica con le terre dell’altra parte dell’Adriatico. Questo scambio si è interrotto, per motivi che non andiamo qui a valutare, in occasione della seconda Guerra Mondiale. È uno strappo che in qualche maniera va ricucito, soprattutto se consideriamo l’importanza di essere europei, di chiamarci europei e di voler collaborare alla crescita generale della nostra nazione pur mantenendo intatto il ricordo, le nostre tradizioni e la nostra storia. Questo è il messaggio e bisogna prendere atto di quello che è la storia. La storia ha dei corsi e dei ricorsi, accettiamo questo passaggio e facciamo tesoro di quello che è stato e lo magnifichiamo in questa nostra scuola, ripeto, sono 570 anni che cerchiamo di mantenere la nostra identità”.
Che messaggio quindi daresti, che invito faresti ai giovani e alle scuole?
“La cosa che più mi ha sempre avvilito nel corso della mia vita è l’ignoranza. Parlare di una cosa, di un argomento senza averne la conoscenza è triste. Purtroppo della vicenda, soprattutto non tanto della Scuola, ma mi riferisco all’Esodo è una storia che è stata poco manifestata, poco conosciuta. Purtroppo interessi politici, probabilmente hanno messo a tacere questo stato di cose. Ecco il mio invito è quello, conosciamo la storia! Facciamo la storia senza obblighi di revanscismo o altro, ma come conoscenza per giustificare quello che siamo e l’orgoglio di chi siamo”.