Con pennellate rapide ed efficaci, Renzo Fracalossi compone sulla tavolozza d’Europa la storia degli ebrei, cacciati e negletti, dalla Spagna alla Francia all’Inghilterra. Un altro affresco della interminabile diaspora del popolo d’Israele.
La Francia è un paese strano. Culla dei diritti di uguaglianza e del più radicato antisemitismo, la terra al di là del Reno vive, nei secoli, dentro le sue differenze, che proprio nel pregiudizio antiebraico trovano testimonianza evidente. Nel 1394, un editto reale espelle tutti gli ebrei dal regno di Carlo VI detto “il pazzo” e le uniche presenze ascrivibili all’ebraismo sono forse quelle dei “marrani”, fuggiti dalla Spagna e dalle persecuzioni inquisitoriali e convertiti, spesso solo in apparenza, al cristianesimo. Certo qualche eminente figura frequenta la corte di Parigi come Simon Molcho, titolare della cattedra d’ebraico all’università della Sorbona e come Elia Montalto, medico ebreo-veneziano di straordinaria fama e chiamato alla corte di Francia da Maria de’ Medici, ma si tratta di casi sporadici.
La corona di Francia, agli albori del XVII secolo, viene investita da una serie di pesanti scandali, alimentati dalle oscure presenze di figure molto vicine alla regina de’ Medici come Concino de’ Concini ed Eleonora Galigai, mentre la corruzione dei costumi dilaga ovunque. Un’ ondata di immoralità e di vizi si allarga sulla Francia, generando inquietudine nella Chiesa francese e nella popolazione; un’inquietudine alla quale va data risposta prima del rischio di possibili degenerazioni.
Di certo non si può accusare la corona e men che meno la nobiltà o il clero e allora chi? Anche se, da secoli, non ci sono quasi più ebrei in Francia, non possono che essere questi “figli del demonio” i responsabili del male che sta travolgendo il paese. Loro è la colpa e quindi, nel 1615 viene reiterato il decreto reale di espulsione perpetua degli ebrei dal regno.
In Francia, la “questione ebraica” diventa, con lo scorrere del tempo, una sorta di ossessione collettiva, nutrita di leggende e falsità e tramandata soprattutto nella cultura popolare. È in tal modo che dell’ebreo viene costantemente trasmessa ad ogni generazione l’immagine di un essere viscido, traditore, dedito ad arti magiche, vile usuraio ed untuoso servo del diavolo.
Purtroppo, non c’è nemmeno una comunità ebraica alla quale addossare le responsabilità di tutti i mali universali e allora cosa resta? La rievocazione di antiche storie di omicidi rituali, di profanazione di ostie consacrate e di quanto può tenere desta, in qualche modo, la fiamma dell’odio, ravvivandola, se non altro, con il ricordo della colpa più grande, ovvero quella del deicidio.
Quando poi si scatena la lotta contro gli ugonotti ed il protestantesimo francese, tutto fa brodo per la propaganda cattolica: gli ugonotti stessi vengono definiti “mezzi ebrei”, la riforma diventa un prodotto del complotto ebraico e l’antisemitismo trova nuova linfa vitale.
Superata la crisi del Seicento, nemmeno il secolo dei Lumi affronta, con qualche speranza, la “questione ebraica”. Anzi. Francois-Marie Arouet, detto Voltaire e che dell’Illuminismo è forse l’interprete del pensiero più alto, è un convinto antisemita e trascina con sé buona parte del pensiero illuminista. Tutti gli uomini sono nati uguali, ma gli ebrei… È così che l’antisemitismo francese vive una nuova stagione che culmina, verso la fine del XIX secolo, con quel capolavoro di pregiudizio, falsità ed odio insensato che è l’“affaire Dreyfuss”, cioè il processo ad un capitano ebreo francese, accusato ingiustamente di spionaggio dopo la sconfitta contro i prussiani, processato ed umiliato allo scopo di giustificare un disastro militare inatteso. Ci vorrà il coraggio civile di Emìle Zola, con il suo famoso articolo “J’accuse”, per confutare le imputazioni e dimostrarne la totale infondatezza, restituendo un minimo di giustizia ad Alfred Dreyfuss e all’ebraismo.
Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. A Trento, circa quattrocento anni prima è accaduta la stessa storia e dovrà passare quasi un altro secolo prima di ottenere il riconoscimento di un grave errore storico e di un inutile massacro della piccola comunità ebraica sulle sponde dell’Adige.
Al di là della Manica ed a partire dall’epoca medioevale, l’attenzione verso gli ebrei risente non poco della malevolenza francese. Una prima espulsione dei “figli di Israele” decretata nel 1290, cancella la loro presenza sul suolo inglese, che riprende qualche vigore solo due secoli dopo, con l’arrivo di qualche famiglia ebrea cacciata dalla Spagna, a seguito del decreto reale e delle persecuzioni della Santa Inquisizione.
Nel frattempo, sul trono inglese sale un esponente della famiglia Tudor: Enrico, re d’Inghilterra, Galles e signore d’Irlanda. Allevato nel cattolicesimo e detentore di un potere assoluto, Enrico VIII è dapprima uno strenuo oppositore di Lutero, al punto da meritare il titolo di “Defensor Fidei” che Papa Leone X gli concede, un titolo che compare ancor oggi sulle monete inglesi con l’acronimo di DEF. FID. Fortemente preoccupato dal problema dinastico e di successione, il re si sposa sei volte ed ha varie relazioni extraconiugali. Egli esige che il Papa riconosca i diversi matrimoni contratti e poi risolti e davanti al completo ed assoluto dissenso papale ai suoi divorzi, entra in conflitto con la Santa Sede fino alla scomunica che lo raggiunge nel 1533 ed al conseguente scisma anglicano.
Enrico VIII però vuole comunque qualche legittimazione religiosa e si rivolge quindi perfino ai rabbini ebrei italiani, al fine di ottenere un supporto religioso, sostenendo che il Vecchio Testamento consentirebbe spiragli alla volontà del re. Si tratta però di un fuoco di paglia. I rabbini interpellati dai messi reali dimostrano una netta contrarietà ad ogni interpretazione delle Scritture “pro rege” e ciò contribuisce a scavare una ulteriore profondità nel solco che già separa cristiani ed ebrei sulle terre del Tamigi.
Nel frattempo, il calvinismo dal quale prende le mosse lo scisma anglicano, è indubbiamente molto più tollerante del luteranesimo nei confronti degli ebrei e la condizione di quest’ultimi si fa via via più accettabile e gli ebrei progressivamente si integrano nella società inglese e ottengono un minimo di tolleranza. Nel 1649, i puritani inglesi rovesciano la monarchia e portano Oliver Cromwell alla “dittatura” nella veste di “Protettore del Regno”, al grido: “Alle vostre tende, Israele!” Cromwell è affascinato dall’ebraismo. È sincero e devoto amico del rabbino di Amsterdam, Manasse ben Israel e ritiene che gli ebrei presenti in Inghilterra e provenienti soprattutto dalla “cacciata” spagnola possano rivelarsi utili nel conflitto che sta maturando fra l’isola affondata nelle nebbie e la penisola iberica.
Purtroppo, il “Protettore del Regno” dimentica la forza del pregiudizio e della superstizione. Ovunque in Inghilterra serpeggia un profondo malessere alimentato da propagandisti prezzolati, sia dai cattolici come dagli anglicani, finché la popolazione si solleva contro ogni ipotesi di riammissione in massa degli ebrei sul suolo inglese.
Quelli che già sono residenti vengono tollerati e addirittura viene loro concessa la costruzione di una sinagoga a Londra, ma per altri non c’è più alcun posto. È però da questo primo atto di accettazione e di inclusione che prende avvio una progressiva crescita della presenza ebraica ed una contestuale ascesa sociale e culturale, che nel tempo arriva a produrre alcuni grandi statisti, come il primo ministro Benjamin Disraeli.
Il contributo dell’ebraismo all’edificazione dello sterminato e potente impero del “leone britannico” è determinante in molte occasioni. Dalla “calunnia del sangue” pronunciata a Norwich nel 1144, dalla quale prende avvio quell’accusa di omicidio rituale che devasta la storia europea, la strada compiuta dall’ebraismo nel regno di San Giacomo è veramente eccezionale e non subisce lo strazio degli interminabili massacri che macchiano di sangue ebraico i secoli dell’Europa.
(8. – continua – Le precedenti puntate sono state il 22, 27 settembre, 5 , 11 , 21, 27 ottobre,, 6 novembre 2021)