A un anno dalla morte, a soli 44 anni, il pensiero, le azioni, le parole di Piergiorgio Cattani (pg) riprendono forma, quasi una resurrezione, nel bel libro che Paolo Ghezzi (pgh), suo amico-confidente-maestro-allievo e molto altro, ha pubblicato per Vitrend (il marchio di Vita Trentina editrice) e che è stato presentato sabato 30 ottobre al Vigilianum di Trento. Duecentoquaranta pagine che riassumono la vita, le pubblicazioni, gli studi, un’esistenza intensamente vissuta di questa “Creatura futura” che molto ha amato e molto ha scritto. Una biografia dell’anima e della parola (il “logos”) della quale cogliamo qualche spunto.
La mattina che ha varcato la soglia del tempo, una domenica, l’8 novembre di un anno fa, Pg aveva ricevuto un email da Pgh. Citando il Vangelo di Matteo, Pgh (Noemi) aveva scritto: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Nello scandenzario ghezziano il giorno sarebbe stato il 21 dicembre. Mancavano quindi 43 giorni al cambio della guardia nel Palazzo di piazza Dante. Per lo scadenzario del Padreterno, Pg era già al capolinea. Di un ultimo viaggio, infinito.
Per la cronaca “Noemi” aveva scritto a “Rut” su una chat semisegreta che Paolo Ghezzi (pgh, alias Noemi) aveva avviato da mesi per comunicare con Piergiorgio Cattani (pg, alias Rut). Da diplomati al liceo classico, appassionati della storia ebraica, per quella chat che doveva restare segreta erano andati a pescare nella Bibbia il libro di Ruth e i nomi di Noemi che era suocera di Rut, la bisnonna del re Davide. E con quello pseudonimo biblico si scambiavano informazioni, riflessioni e citazioni, in un dotto rimpallo. Una partita delle parole per evadere dall’aula inconcludente e stantia del Consiglio Provinciale che Pgh aveva agguantato due anni prima e che Pg aveva mancato per un soffio. L’uno leader maximo, l’altro presidente, entrambi fondatori di “Futura”, il raggruppamento politico che avrebbe ardito far da collante e portare le anime del centrosinistra autonomista nell’empireo dell’arena provinciale di Trento. Andò come è noto e “Futura”, che voleva governare il presente, si ritrovò sui banchi dell’opposizione. Ma Pgh aveva un sogno: trasferire l’acume e l’intelligenza di Pg nell’emiciclo di piazza Dante dove, dopo un anno e mezzo di amministrazione “padana” e in pieno lockdown pandemico s’erano perse le tracce di una ordinata, decente, convivenza tra maggioranza e opposizione. Da giornalista ed ex direttore di giornale prestato alla politica, Paolo Ghezzi aveva elaborato fin nei dettagli il “coup de theatre” e scelto perfino il giorno del botto. Il 21 dicembre 2020, solstizio d’inverno, avrebbe offerto ai giornalisti, suoi colleghi, abbondante materiale per un titolo a piena pagina: “Ghezzi si dimette dal consiglio provinciale per lasciare il posto a Piergiorgio Cattani”.
Con Pg ne aveva argomentato a lungo, si erano scritti messaggi e lettere. Dapprima, Pg aveva rammentato le sue difficoltà fisiche, la sua costrizione in carrozzina. Pgh aveva persino misurato lo spazio dell’ascensore del palazzo della Regione: larghezza esterna 80 cm., profondità 115. Altezza 197. E poi, “grazie” al Covid, c’era la possibilità di partecipare alle sedute di consiglio e delle commissioni direttamente in meet, vale a dire da casa collegati con il computer. I due amici ne avevano discusso a lungo.
Il 27 ottobre Piergiorgio Cattani aveva commentato in una chat: “Sarebbe una bella sfida per me. Ma se tu cambi idea in articulo dimissionis. Anche un attimo prima… va bene”. Si era in piena pandemia e il 2 novembre 2020 Pg (Rut) scriveva ancora: “Rispetto al Covid io ho già detto che non vorrei portare via un posto di terapia intensiva a chi ha più possibilità di me di salvarsi”.
Il 6 novembre, discutendo del cambio della guardia in Consiglio Provinciale, Ghezzi scriveva: “È importante che tu mi sostituisca in prima commissione dove passano tutte le leggi di bilancio”. Risposta di Cattani: “Tu sai come sono fatto io, sono un illuso che pensa che coinvolgere le persone in una strategia inconcludente sia meglio che rompere. Tuttavia con i Verdi la mia strategia è fallita completamente”.
Per Cattani, secondo Pgh che ne avrebbe parlato anche al funerale (il 10 novembre 2020) la “politica è sempre stata ricerca, avventura, sperimentazione”. Fin dai tempi della Margherita. E poi l’impegno ecclesiale, spirito libero “e dunque critico nei confronti delle gerarchie”, appassionato di Dio anche se ha scritto nel suo testamento: “La mia vita è stata meravigliosa, degna di essere vissuta. Avrei voluto lottare fino all’ultimo per non morire. La morte non pacifica nulla. La morte cancella ogni speranza. Ma quando tutto sembra perduto, allora Dio ci verrà incontro”. Ancora: “Fatevi e fatemi quest’ultimo regalo: per piacere non dite che sono in paradiso, non corro felice tra le nuvole. La vita e la morte sono una cosa seria”.
Questi è (stato) Piergiorgio Cattani. E questa creatura gracile, che si è misurata con la tenerezza e la fragilità, con le incertezze e le angosce degli uomini e delle donne del terzo millennio, prorompe con inusitata forza dal libro di Paolo Ghezzi. Il giorno che varcò la soglia del tempo, Piergiorgio Cattani aveva pubblicato in prima pagina sul giornale “Trentino” (al quale sarebbero stati concessi dall’editore ancora due mesi di vita) un editoriale intrigante e controcorrente sulla legge naturale. “Sei un opinion leader naturale”, gli aveva scritto Noemi-pgh alle 10.23 di quella domenica mattina. Non sapeva ancora che Rut se n’era andato venti minuti prima. Dopo aver ascoltato la messa alla Tv e mentre mamma Monica, in cucina, stava preparandogli un caffè. Se n’era andato “immobile ma rapido”. Come il motto latino del suo “ex libris”: “Sine motu celer”. Immobile ma libero, finalmente, da quel corpo che lo aveva tenuto prigioniero per gran parte della sua breve esistenza.