Per quei miracoli che solo la Madonna… dei ciclisti sa compiere, è scomparsa la pianta che sbucava dalla facciata ammalorata di un fabbricato in via Santa Croce a Trento. Sparita d’incanto. L’avevamo segnalata come immagine curiosa venerdì 10 settembre 2021 e qualcuno deve aver arguito che non faceva fare bella figura nelle dirette televisive dei campionati europei di ciclismo. In corso, in quelle ore, lungo il centro cittadino. Insomma, una mano pietosa o una cesoia furtiva hanno posto fine all’avventura solitaria della pianta sbucata dal cornicione del primo piano accanto a un affresco giovanile di Dario Wolf.
Peccato che tanta miracolosa dedizione non abbia, per contro, fatto sorgere in città quei vespasiani pubblici che andiamo invocando da oltre due anni per le frotte di turisti che affollano il centro storico cittadino. Siamo fiduciosi, peraltro, nei pubblici reggitori di Palazzo Thun i quali sapranno come porre rimedio in modo rapido al fastidioso problema lamentato a più riprese. A meno che anche questo tema non sia stato furtivamente scippato dalle Aquile di piazza Dante. Le quali, dopo aver deciso di cambiare scuderia per l’organizzazione del festival dell’Economia (all’insaputa di comune di Trento e di Università degli Studi) potrebbero dotare la città e i dintorni di “locali di decenza”, come erano chiamati un tempo i vespasiani. Sarebbe un bel gesto di governo in vista delle folle che, con discutibile e incontrastata (dalle opposizioni) decisione di qualcuno, giungeranno in città nel maggio del prossimo anno. Per ascoltare, per applaudire, per ballare sulla voce roca di un principe del rock. Sempre che gli operai della Provincia autonoma di Trento possano districarsi, tra la costruzione dell’annunciato monumento a Vasco Rossi, la posa di una lapide per l’intitolazione al “mito” di una strada e la predisposizione almeno di piazzole coi Toi Toi. Che sono bagni chimici e non promesse da campagna elettorale.
Intanto vi riproponiamo il testo di venerdì 10 settembre che ha provocato la “miracolosa” scomparsa dell’albero .
La fotografia è quanto meno curiosa. Al numero 22 di via Santa Croce, a Trento, da molti anni un edificio è in stato di degrado. Attende una ristrutturazione che non pare all’orizzonte. E intanto negli interstizi della facciata, dirimpetto alla libreria Ancora, è cresciuto un albero. Ha messo radici di fianco a un affresco del 1933, realizzato da Dario Wolf (1901-1971), pure bisognoso di pulizia (dal guano dei piccioni) e di restauro conservativo. Ai lati di una Madonna con bambino il pittore frescò la figura di S. Antonio abate e (forse, ma mancano gli zoccoli di legno, segno per l’identificazione) del vescovo Vigilio, patrono della città.
Come racconta Mauro Lando nella sua imperdibile guida “Trento nuova, le sue strade, le sue storie” (Curcu&Genovese, 2018), via Santa Croce, in origine era “il primo (o ultimo) tratto della via Imperiale, verso sud, ed era pure l’asse di un borgo consolidatosi dopo che nel Cinquecento il torrente Fersina (viale Rovereto) venne gradualmente spostato fino al suo letto attuale. In origine, il corso d’acqua scorreva là dove ora è presente via Calepina, successivamente fu spostato davanti alle mura di piazza di Fiera, poi nella zona del Palazzo del Governo ed infine nella collocazione attuale. La strada prendere il nome dalla chiesa di santa Croce, l’edificio che dal 1968, come aula magna, fa parte della Fondazione Bruno Kessler (FBK) già Istituto Trentino di Cultura (ITC). La chiesa era inserita nell’ospizio fondato nel 1183 dai Crociferi, ossia da un ordine militare ospitaliero che aveva cura dei pellegrini e dei malati. Successivamente passò ai Cappuccini. Determinanti per trasformare la strada da borgo fuori le mura a luogo cittadino con orizzonte verso il passeggio sulle rive del Fersina, sono stati il rafforzamento ottocentesco della presenza dell’Ospedale Santa Chiara, la costruzione lungo il percorso di filande ed altri laboratori ed in più l’adeguamento degli edifici”.