Spes contra spem. Contro tutto e contro tutti. A dispetto della bocciatura in commissione legislativa e contro il parere delle associazioni di categoria (dai medici agli infermieri e perfino i sindacati), la Giunta provinciale di Trento ha approvato la riforma sanitaria che dovrebbe ridisegnare la mappa della “sanità diffusa”. Nelle valli, dove la Lega di Alberto da Giussano affonda la spada nel burro. Fugatti & C. lo avevano promesso in campagna elettorale. E facendosi forti più del consiglio dei portaborse che della scienza, incuranti dei sussurri e delle grida, si sono lanciati nella straordinaria avventura sanitaria. “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”. La celebre pasquinata del Seicento può essere tradotta così: dove hanno fallito i precedenti amministratori provinciali sono “riuscitti” l’assessora Segnana e il presidente Fugatti. I quali rammentano un po’ Olivia e braccio di Ferro. Del resto gli spinaci sono verdi, come le loro casacche.
In questi frangenti sovviene un apologo lasciato ai posteri da quell’impareggiabile scrittore e poeta che fu Giulio Maria Marchesoni, morto a soli 46 anni nel 1980. “Accadde in Galilea” fu pubblicato il 1° gennaio 1968 quando Fugatti (1972) non era ancora nato e la signora Segnana (1975) di là da venire. È il racconto fantastico di una coppia inossidabile (Eberard ed Edmea) che vogliono ripopolare il mondo (anche quello della sanità trentina, verrebbe da dire) a loro immagine e somiglianza. E per farlo scatenano una guerra atomica. Ecco il passo saliente del racconto:
Eberard si guardò attorno: non c’era, al di là della struttura della torre, se non un polveroso deserto grigio, morto. La lunga guerra stava per finire: su tutto il globo restavano solo lui e la sua donna, Edmea, e Shelton e la sua. Ma Shelton stava per morire. Eberard puntò attentamente il piccolo missile, calcolò di nuovo la distanza e la traiettoria, poi lo spedì: era tutto finito. Finalmente il mondo era tutto suo, da popolare insieme ad Edmea di una nuova umanità che gli somigliasse.
“Non c’è più un uomo all’infuori di me” – urlò – Certo, gli mancava qualcuno che si inchinasse ad adorarlo, ma fra non molto ci avrebbero pensato i suoi figli: aveva già scelto i nomi adatti, il metodo di educazione, sportivo, spartano, militare: una nuova umanità di soldati, proprio come piaceva a lui. Uscì per la prima volta, dopo tanti anni, dalla torre: era tutto un deserto, con qua e là alcune di quelle forme vitali che si erano andate formando dopo il conflitto atomico in cui era andata distrutta la zavorra umana (esseri inferiori). C’erano enormi aragoste, insetti sconosciuti prima, molluschi. Vide Edmea che gli veniva incontro: avanzò in fretta per chiamarla, corse, scivolò, sentì che non riusciva a fermarsi sulla sabbia che chiudeva la tana di una aragosta gigantesca. Pensò per un attimo a tutta la sua vita: all’accademia militare, ai discorsi, alle promesse di una patria più grande e più fertile che aveva fatto, agli scheletri che giacevano sulla pianura. Poi l’aragosta gli mangiò i coglioni. Proprio così: gli mangiò i coglioni. Era un’aragosta ghiotta”.
Che aggiungere altro? Solo la postilla, collocata in fondo alla pagina da Giulio Maria Marchesoni il quale riproponeva una frase del Vangelo di Matteo (VII-12): “Tutto quanto adunque desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo pure a loro, perché questa è la legge e i Profeti”.