“Una volta eravamo in un centro di cardiochirurgia e parlavamo di come ci si sente quando muore un paziente. Lui mi disse: “ricordati che prima o poi vince la morte”. Però la morte può vincere una volta sola, la vita ogni giorno. Per mio padre oggi ha vinto la morte, però oggi in tanti altri posti ha vinto la vita” (Cecilia Strada, intervista al “Corriere della Sera”, sabato 14 agosto 2021, p. 7)
Sto vivendo ore di intima afflizione, poiché nel giro di pochi giorni sono stati strappati dalla morte due eminenti personaggi da tutti considerati figure esemplari di venerati e acclamati BENEFATTORI dell’umanità. A Trento è venuto a mancare PAOLO, 18 anni più giovane di me, mentre il mondo piange la scomparsa di GINO: 28 anni meno di me. Personalmente li sento tuttora vivi dentro di me, come durante la loro presenza sulla Terra vivevo del loro continuo donarsi e del loro generoso prodigarsi per gli altri. Infatti il BENEFATTORE viene letteralmente considerato «colui che fa del “bene” altrui, porgendogli aiuto materiale o morale» (Treccani) o «colui che fa del bene al prossimo, in senso specialmente materiale; ossia colui che sa dedicarsi sistematicamente a opere di beneficenza» (De Mauro). E PAOLO ha dedicato la sua vita ai bambini abbandonati e soli, ed ha procurato loro una casa, un’accoglienza amorevole, delle famiglie che li ha fatti sentire persone realizzate e capaci e contente di vivere. Ciò che ugualmente ha realizzato GINO nel mondo, in un ambito del tutto diverso, ma che per l’eccezionalità del suo impegno universale è oggi ovunque più che noto, poiché quanto ha saputo realizzare è diventato una gorgogliante sorgente dalla quale sta sgorgando tanta di quell’acqua pura che si è fatta un fiume di BENE, che scorre in tutti i continenti.
Data la loro inattesa scomparsa, i mass media se ne stanno impossessando e tutti si muovono nell’ampio riconoscimento e nell’esaltazione del BENE da loro operato e distribuito a piene mani; tuttavia, lasciate che io mi soffermi sulle difficoltà da loro affrontate, specie all’inizio del loro dedicarsi al prossimo, ossia ai passi non sempre facili e facilitati che hanno dovuto fare. La mia età mi dà modo di ricordarmi come anche per i grandi BENEFATTORI l’ampio ed universale riconoscimento avviene soltanto dopo la loro morte. Già avevo avuto modo di conoscere questo stato di cose nell’approfondire, nei miei primi anni di studio, tutto l’iter della insolita ed ancora non del tutto e da tutti conosciuta vita di don Bosco, i cui primi passi hanno trovato più intralci e opposizioni che comprensione ed aiuto.
Ed è stato così anche per PAOLO. Lo ricordo nel suo ufficio, in Provincia a Trento, incaricato degli orfani, dei bambini abbandonati, dei fanciulli allo sbando e senza niente e senza nessuno. Lì, da solo, fra tanti impiegati a correre dietro alla burocrazia e all’economia e al sociale, e lui da solo fra i mocciosi che nessuno voleva neppure vedere. Sono certo che, pur nel silenzio che lo caratterizzava, avrà potuto sentirsi accanto qualche rara persona amica che gli ha dato una mano, ma tutto l’impegno organizzativo – animato dalla sua grande umanità – è rimasto sulle sue spalle portandolo persino a taccarsi dal pubblico, per fondare un’associazione autonoma che si prendesse la responsabilità di un’accoglienza, di una cura e di una formazione che assicurasse ai singoli bisognosi la certezza e la sicurezza della continuità. Un’associazione che ora gli sopravvive e che continua con alacrità e nel quotidiano impegno la sua intuizione e la sua generosità. E così sono certo che è stato per GINO: quanti ostacoli, quanti aiuti o non dati o perfino negati; addirittura quanti ostacoli e steccati per impedirgli perfino di passare. Ne sarà data testimonianza in qualche volume di carattere storico, ma pochi ne verranno a conoscenza, mentre le ferite dei rifiuti e degli ostacoli continueranno a rendere addolorate le sue istituzioni.
Resta il fatto oggettivo che i BENEFATTORI stentano persino a farsi strada e ad avere i sostegni necessari perfino nell’opinione pubblica, anche la quale stenta ad immedesimarsi nella loro quotidiana opera di accoglienza, di assistenza e di aiuto. Siamo tutti facili ad applaudire ed a comprare il giornale che ne annuncia la morte ed a seguire i servizi speciali che riserva loro la televisione ma soltanto per qualche fuggevole e limitata serata, ma solo “a morte avvenuta”. Ma… “prima” dove ci trovavamo? Quando e mentre PAOLO cercava le abitazioni e qualche possibile appoggio… i Trentini neanche sapevano e si interessavano di lui e dove erano rintanati? Ed io stesso che godevo della sua amicizia, soltanto per questo gli ero forse d’aiuto sostanziale per le sue necessarie realizzazioni? Ed ugualmente… mentre GINO realizzava ospedali di guerra dove si uccidevano e si ferivano migliaia di persone, quanti erano coloro che si stavano interessando e si davano da fare per dagli una mano? Invece vi erano (e vi sono tuttora) perfino coloro che vogliono impedirgli di salvare la gente per mare!Non riesco a rendermi conto dove oggi il mio dire mi abbia portato, ma vorrei poter diventare ed essere un pur piccolissimo “anello” di una lunghissima catena che potesse tenerci tutti uniti a coloro che quotidianamente e dovunque si rendono BENEFATTORI sotto qualsiasi forma, magari che stanno operando pure vicinissimi a casa nostra. Vi è, fortunatamente, una marea di silenziosi BENEFATTORI, che non avranno mai la risonanza dei pochi che occasionalmente emergono, ma che ugualmente sostanziano di BONTÀ la convivenza fra gli umani. Mi auguro che ci si renda conto di tanta silenziosa presenza, sentendosi individualmente coinvolti e partecipi, pur in mille maniere diverse, di questa marea di BENE che, grazie alla disponibilità e alla generosità dei BENFATTORI, sta circolando tuttora fra gli uomini e le donne che ne hanno estremo e impellente bisogno.