Lo si sente ripetere, eccome. Che tempi. Non c’è da stare sicuri, ma avete visto che storie accadono, che brutture? Eppure non è scritto da alcuna parte che “si stava meglio quando si stava peggio”. Per questo il curioso scava, fruga e indaga. Ad esempio: si ritrova tra le mani una copia stropicciata e non poco consumata di “Crimen”, settimanale di criminologia e polizia scientifica. 16 pagine fitte fitte e con ampio corredo di foto in bianco e nero. Il numero è quello del 29 agosto 1950: la televisione non è ancora stata accesa in Italia, per capirci.
Un articolone attira, inevitabilmente, l’attenzione. Due pagine intere e quattro immagini per raccontare la cattura del “mostro del Tirolo”. Già. Una storiaccia di sangue e violenza, a cavallo tra la linda Austria e l’ordinato Alto Adige, una manciata di anni dopo la fine di un tragico e devastante conflitto mondiale.
Si inizia in piazza Walther, a Bolzano, dove un gruppo “di cittadini si faceva minaccioso attorno ad un distinto signore con due borse in mano che, tranquillamente, se ne andava per la piazza”. Lo afferrano, lo tengono stretto e chiamano la Polizia. L‘equivoco verrà presto chiarito: l‘uomo era un pacifico rappresentante di commercio. Solo che lo si era scambiato per Guido Zingerle, il mostro del Tirolo, che all‘epoca mise in allarme poliziotti austriaci ed italiani, da Graz a Salisburgo, da Merano a Bressanone. Un sadico assassino che “attira le donne in zone montane, le violenta e le uccide lentamente, nascondendole poi in grotte rinchiuse da muretti di sassi”.
48 anni, meranese, disertore dell‘esercito italiano, poi clandestino in Austria, a suo tempo nella Legione Straniera (forse disertore anche là), peraltro regolarmente sposato nel 1939 con una meranese che gli diede una figlia, Zingerle varca la frontiera presso il passo Resia, di nascosto, nel luglio del 1950.
Pochi giorni prima, ad Innsbruck – ultima sua residenza conosciuta -, è stato scoperto il cadavere di Helene Munroe, 40 anni, turista inglese, ospite con la madre in un albergo della città tirolese. Nuda, violentata, coperta con dei sassi. Guido Zingerle è stato l‘ultimo ad essere visto in sua compagnia.
Scattano le ricerche e si riapre il capitolo di un altro feroce delitto. Bolzano, 1947, il massacro nei pressi di Cologna di Gertrude Kutin, maestrina in una scuola di montagna. Uccisa come la turista inglese.
La cronaca di “Crimen” narra poi di una ragazza di Prato all’Isarco, 19 anni, per una intera notte in balìa del mostro del Tirolo, il 27 luglio del 1946. Si salverà per miracolo, il maniaco la credette morta, in fondo ad una grotta, dove era stata gettata, le mani legate dietro la schiena.
Ma su Zingerle, nato il 3 settembre 1902 in provincia di Bolzano, anche il sospetto di altri delitti a sfondo sessuale: almeno tre, a partire da quello di una sedicenne a Salisburgo. Infine, l‘epilogo. Il 24 luglio 1950 due fidanzati vengono aggrediti e gravemente feriti, a Graz, lungo un fiume. Di fronte alla foto di Zingerle non hanno dubbi: è stato lui. La caccia all‘uomo è imponente, quattro polizie gli danno la caccia. Lo catturano l’11 agosto, a Rio Pusteria, in un cascinale. L’uomo lotta, si divincola, ferisce i carabinieri. Infine si arrende. Confessa delitti e aggressioni, narra della condanna a morte inflittagli dal tribunale tedesco di Bolzano, nel 1944, per diserzione.Il giornale, all’epoca, così conclude: “Inutile dire come tutti gli abitanti della zona hanno tratto un gran respiro di sollievo per la cattura della belva, cattura il cui merito spetta ad una pattuglia di carabinieri”.