Ci fu un momento, negli anni del boom economico della fine degli anni Sessanta del secolo scorso, che Trento parve diventare un polo industriale di tutto rispetto. Come rievoca Mauro Lando nel suo “Dizionario Trentino” (Curcu&Genovese, 2008) il giornale l’Adige del 17 gennaio 1969 titolava: “Per TV a colori e lavatrici all’orizzonte Grundig e Ignis”. “In quel momento – scrive Lando – si era in una fase di industrializzazione del Trentino, ma accanto a tante aziende di piccole dimensioni mancavano industrie di peso che potessero garantire una vasta occupazione, soprattutto lungo l’asta dell’Adige. Nel 1964, a Rovereto, si avviò la parabola della “Bianchi”, ma a Trento si era all’indomani del fallimento dell’Aeromere e c’era la necessità di una spinta industriale. Fu così che è una folta delegazione di autorità regionali e provinciali si recò a Comerio, in visita allo stabilimento originario della Ignis, a parlare con Giovanni Borghi. […] La delegazione poi incontrò ben 300 operai di origine trentina che lavoravano a Comerio. Dovettero passare cinque anni per arrivare alla concretezza, ma finalmente ci fu un’accelerazione”. Il 7 gennaio 1970, a nord di Trento, dal nuovo stabilimento uscirono le prime lavastoviglie. La Ignis avrebbe dato lavoro – fu annunciato – ad almeno 1500 operai. Per la cerimonia inaugurale, nel maggio seguente, arrivarono da Roma il ministro dell’industria, Gava, e il ministro alle partecipazioni statali, Flaminio Piccoli.
Scrive Mauro Lando: “Poche settimane dopo, il 30 luglio, ai cancelli della fabbrica si verificò uno degli atti più emblematici degli anni della tensione in Trentino, ossia scontri tra operai e neofascisti e la formazione di un corteo di lavoratori con alla testa gli esponenti della destra, Andrea Mitolo e Gastone del Piccolo. Fu un episodio che lasciò pesantemente ed a lungo il segno nei rapporti all’interno dell’Azienda e soprattutto all’interno della comunità, creando spesso tensione”.
Su quell’episodio, Carlo Martinelli ha scovato una curiosità, pubblicata su un giornale francese.
30 luglio 1970, giovedì, stabilimento Ignis di Gardolo, alle porte di Trento. Quel che accadde quel giorno non è più cronaca, è storia. Due operai accoltellati e la dura reazione con due sindacalisti della Cisnal, legata al Msi, il Movimento sociale, bloccati e costretti a marciare verso la città, seguiti da un corteo. Al collo un cartello: “Siamo fascisti. Oggi abbiamo accoltellato tre operai. Questa è la nostra politica pro operaia”. Il loro sequestro dura ore, solo a tarda sera le forze dell’ordine bloccano il corteo e liberano i due missini – Andrea Mitolo e Gastone Del Piccolo – dalla gogna. Il fatto ebbe grande risonanza. Quel che forse è ancora inedito è che quel fatto occupasse, poche settimane dopo, grande spazio sul primo numero di un quindicinale dell’estrema sinistra francese. La curiosità? “Tout!”, così si chiamava il giornale, che uscirà per 17 numeri conquistando iniziale grande popolarità, era diretto da Jean-Paul Sartre.
Sì. Il filosofo, scrittore e drammaturgo francese che aveva sposato la causa del maoismo prima, dello spontaneismo autonomo dopo e che nel 1964 fu insignito del premio Nobel per la letteratura: riconoscimento che rifiutò. Compagno di Simone de Beauvoir, morirà nel 1980 e cinquantamila persone parteciperanno al suo funerale, a Parigi. “La ballade de Trente” titolò in quel primo numero del 23 settembre 1970, a pagina due. La notizia a fianco riferiva degli scioperi selvaggi alla Fiat di Torino e, nel titolo, riprendeva uno slogan allora in voga: “Fiat, l’Indocina ce l’hai dentro l’officina”.