Il Cuamm (Collegio universitario aspiranti medici missionari) è un’organizzazione di volontariato internazionale, con sede a Padova, che ogni anno manda in Africa medici e personale sanitario in supporto ai colleghi che operano negli ospedali di sette nazioni africane. L’organizzazione, che è diffusa in modo capillare in tutta Italia ha una sezione trentina da oltre 25 anni. Sono 144 i medici e gli operatori sanitari “prestati” dal Trentino nei numerosi progetti del Cuamm. Direttore generale dell’associazione padovana è don Dante Carraro, medico e sacerdote il quale tiene i collegamenti con le sezioni regionali con una lettera periodica.
Il 10 giugno 2021 le Agenzie di stampa hanno diffuso questa notizia: “Un agguato in Sud Sudan contro il convoglio di una delle organizzazioni non governative maggiormente impegnate sul fronte della salute, l’italiana Medici con l’Africa Cuamm, è costato la vita a due operatori. Un nutrizionista e un autista locali, nella contea di Yirol West, nel Lakes State, infatti, non sono riusciti a scappare e son caduti nell’imboscata. Il tutto è accaduto lunedì 7 giugno: hanno perso la vita il 35enne Moses Maler e il 31enne Abraham Gulung”. Vi proponiamo quanto don Carraro ha scritto ai sostenitori dei progetti del Cuamm in questi giorni di luglio 2021.
Carissimi, in questi giorni riflettevo su quanto un gesto semplice e piccolo possa avere un significato enorme e dirompente. Da due settimane sono rientrato dal Sud Sudan dove, come vi anticipavo, la situazione rimane difficile e complicata. Sono stato a Yirol, qui ho incontrato la famiglia di Abraham, l’autista del Cuamm che ha perso la vita, il mese scorso, insieme al collega Moses, nutrizionista, mentre si recavano nel villaggio di Mapurdit per consegnare le pappe nutrizionali per i bambini di cui l’ospedale aveva assoluto bisogno. Non erano persone sprovvedute, sapevano che potevano correre dei rischi percorrendo quella strada, perché c’erano stati degli scontri tra tribù rivali, ma volevano fare il loro lavoro e il loro dovere.
Ho conosciuto la moglie di Abraham, i suoi 4 figli, i suoi parenti più stretti. Come Cuamm abbiamo voluto dar loro un contributo concreto che possa aiutarli a superare questo momento. Purtroppo non sono potuto andare dai famigliari di Moses, ci sono state delle difficoltà nel raggiungere lo Stato di Warrap, dove abitano. In questi giorni, però, Alessandra, country manager del Cuamm in Sud Sudan, è riuscita ad andarci e a incontrarli. E’ stata accolta dalla famiglia di Moses nel piccolo recinto che circonda le poche case, capanne di rami secchi e sterco. Al centro del cortile, c’è la tomba di Moses, quasi a mantenere vivi la sua presenza e il suo ricordo. Anche a loro abbiamo portato un contributo specie perché Moses era l’unico della famiglia ad avere studiato e manteneva i 5 figli e l’anziano padre. Ci hanno ringraziato molto per questa visita, per questo gesto di rispetto e attenzione che abbiamo avuto nei loro confronti. Il padre di Moses, salutando, ci ha dato la sua benedizione.
Ecco il gesto che mi ha grandemente colpito. Benedire una persona è un gesto molto grande, è augurargli ogni bene, è renderlo oggetto della propria gratitudine. È un gesto che, come prete, compio ogni giorno celebrando la Messa, che ha una potenza enorme, soprattutto se fatto in un luogo come il Sud Sudan, dalle mani e dalle parole di un anziano padre che ha perso il suo figlio, unica fonte di sostegno. Un’azione che ne richiama un’altra immensa, fatta da Papa Francesco nell’aprile 2019, quando si è inchinato a baciare i piedi proprio di Machar e Salva Kiir, i principali leader politici del Sud Sudan, per supplicare la pace. È il gesto di accoglienza, ascolto, e di cura che i nostri medici e operatori compiono ogni giorno continuando a rimanere in questa terra, dove la pace fatica a trovare la sua strada, dove la miseria è sempre più grande, l’insicurezza sempre più alta e la gente, sempre più arrabbiata, si fa sentire attraverso l’uso dei kalashnikov.
Ma è proprio questo il momento di non mollare, perché c’è chi si impegna per un Sud Sudan diverso, persone come Moses e Abraham, e non solo. Bisogna avere pazienza e non perdere la speranza. E portare quegli aiuti che non arrivano se non da chi ci crede.
Sono queste storie, talvolta anche dolorose, che segnano la nostra vita da settant’anni. È il nostro quotidiano spenderci in Africa, vicino ai più poveri, fatto di incontri, volti e storie condivise. È l’Annual meeting l’occasione più partecipata dove dare voce a questo vissuto. L’anno scorso lo abbiamo ‘celebrato’ solo in TV, quest’anno lo faremo finalmente, e sperabilmente, di persona, a Padova, sabato 13 novembre, al mattino. Sarà il momento, dopo tanti stop, di ‘ripartire’ tutti, in Africa e in Italia, insieme. Le sfide sono ancora tante e vogliamo riprendere ad affrontarle con coraggio e tenacia, per un futuro migliore, anche per i più poveri.Vi aspetto tutti. Con affetto e gratitudine.