Un mondo sempre meno intelligente pare confidare nell’intelligenza artificiale per l’elaborazione di strumenti che possano sostituirsi all’umano. Almeno nel campo della fatica, ma pure nel vasto mondo dell’arte. Ne ha scritto su questo “vascello” il prete filosofo Marcello Farina. Ne parla oggi la giornalista e scrittrice roveretana Patrizia Belli perché il tema è di stretta attualità. Ci si affida agli algoritmi per tornare bambini.
Prendendo a prestito dal grande poeta Auden la celebra frase “La verità, vi prego, sull’amore” si potrebbe tranquillamente – senza offendere il sommo – declinarla in: “La verità, vi prego, sull’arte”. È quanto viene alla mente leggendo della mostra al Design Museum di Londra intitolata Ai-Da: Portrait of the Robot.
Ai-Da è una robot che grazie all’intelligenza artificiale si picca di fare l’artista: per la precisione la pittrice. Il nome è un intreccio tra la sigla di Artificial Intelligence e una citazione di Ada Lovelace, la figlia di Lord Byron inventrice dell’algoritmo per programmare i computer. Le sembianze umane sono notevoli: caschetto perfetto, carnagione florida, quando parla in pubblico muove la testa in più direzioni per dare attenzione a tutti, sbatte le palpebre ma le pupille la tradiscono, sono fisse, è come se guardasse ma non mettesse a fuoco, lasciano un po’ sgomenti.
Naturalmente ha una postura rigida e mani, braccia e gambe sono di metallo a ricordarci che sotto la pelle di silicone, Ai-Da è un insieme di viti, cavi e algoritmi testato da un’équipe di scienziati nel Regno Unito e in Spagna. Vederla all’opera è istruttivo, senza alcuna esitazione Ai-Da impugna la matita e via con tratti sicuri disegna, decide i colori da utilizzare e nutre la debolezza di autoritrarsi.
Dicono sia in grado di disegnare tutto (o quasi) di ciò che vede. Ovviamente parla e confessa di ispirarsi a Kandinskij. Yoko Ono. Doris Salcedo. Afferma d’essere duttile e di avere la capacità di esplorare generi diversi. «L’arte nasce come una conversazione — spiega —. È più di un semplice disegno, è comunicazione».
L’arte… già. Ciò che Ai-Da produce può essere chiamato arte? Ma poi cosa è esattamente l’arte? Cosa è la creatività? Che cosa è il talento? A parte i toni trionfalistici di alcuni media: il New York Timesall’apparire della robot pittrice ha titolato: “Una nuova voce per il mondo artistico”, in realtà è Ai-Da stessa a essere “opera d’arte” più che i suoi “prodotti”.
È lei la star della mostra ed è interessante accorgersi che le persone più incantate da Ai-Da sono i bambini. Sono i bambini a essere i meno spaventati dalle incognite di un futuro tecnologico (e Ai-Da sa come parlare loro; pensate che è persino capace di civetterie come quando ha ringraziato una ragazzina che si complimentava per il suo vestito). Da tempo gli scrittori (da “1984” di Orwell al recente romanzo di Kazuo Ishiguro, “Klara e il Sole”) e i registi ci raccontano di un futuro in cui dovremo confrontarci con l’intelligenza artificiale. La pittrice di metallo ha un merito (i suoi “quadri” nessuno) quello d’averci fatto riflettere una volta in più sul futuro dell’intelligenza artificiale nella relazione tra esseri umani e robot perché i confini tra realtà e fantascienza si fanno sempre più labili e sull’essenza dell’arte.E l’arte come l’amore è cosa seria. È mistero, è poesia, è violenza, è avanguardia, è scandalo, è sogno, è ingenuità, è…