A due secoli dalla morte di Napoleone Bonaparte (5 maggio 1821) nell’isola di Sant’Elena, nell’oceano Atlantico, proseguiamo la cronaca dell’invasione francese del Principato vescovile di Trento fra il 1796 e il 1797. Si tratta delle note di diario del francescano Giangrisostomo Tovazzi da Volano (fonte: biblioteca di S. Bernardino, Trento). Il religioso apre una finestra su una pagina di storia che in pochi anni cambiò la storia della comunità trentina.
Novembre 1796 – Li quattro, giorno di venerdì, e festa di san Carlo, circa le sette di mattina li francesi quartierati in Cadine di Sopramonte furono investiti dai tedeschi condotti dal generale barone Laudon giuniore (junior) per la via di Terlago, e a forza d’innumerabili moschettate e di molte cannonate furono cacciati per il Bus di Vella sino a Trento, dove si salvarono col bruciare il ponte di san Lorenzo circa il mezzogiorno. Li tedeschi lanciarono moltissime balle di moschetto nella città sino sul Cantone, sul tetto del Duomo, nel castello ed in altre case più lontane; ma non offesero verun cittadino, bensì più francesi andati sulle mura. Una balla forò un cristallo del Conte Alberto degli Alberti di Poia a Santa Margherita, lasciandovi la sola circonferenza sua, senza altra rottura. In tal tempo fu intermesso ogni suono di campane. Il moschettamento durò quasi fino a notte. Il ponte fu consumato interamente, restando soltanto quella parte delle pile, ch’è sotto l’acqua. Il fumo grande andò sino verso Romagnano. Io non posso dir tutto, benché abbia veduto, e sentito tutto stando in convento. Il tempo fu nuvoloso. La seguente notte nella città fuvvi dell’inquietezza, perché sono venuti a Trento molti francesi dall’Aviso, Pressano, Pinedo, Pergine ecc.
5 novembre 1796 – Alle due poi dopo la mezzanotte, venendo il giorno quinto, e sabato, benché piovoso, tutti sono partiti verso Mattarello, eccettuati gl’infermi, ed altri dispersi, forse non avvisati a tempo. Molti infermi, ancora vivi, furono barbaramente gittati nell’Adige dai francesi. Circa le dieci col mezzo di una barca venne da Pedecastello a Trento il generale Laudon, il quale fu ricevuto con giulivi Evviva, Evviva il Laudon (Alessandro Laudon. La di lui moglie da Brunna di anni 20, sta in Cles, buona cattolica detta Amalia contessa di Fünfkirchen). In seguito vennero moltissimi soldati austriaci, li quali andarono a caccia de’ rimasti francesi, e li fecero prigionieri. Dall’Avis venne coi suoi il tenente maresciallo barone Davidovitz, dalmatino greco (greco della Dalmazia), benché dai francesi sia stato bruciato quel ponte, ristorato d’ordine del Buonaparte ai sei di settembre (1796), per essere stato rotto ai cinque di settembre da’ tedeschi fuggitivi.
6-7 novembre 1796 – Ai sei, e sette appresso Calliano combatterono vivissimamente li tedeschi contra i francesi là fermatisi, ed anche ritiratesi nel castello di Beseno. Il stando in cella (del convento) ho sentito il continuo cannonamento, ed ho veduto il fumo grande, ed il lustro della moschetteria. Durò sino al vespro del giorno settimo, in cui restarono vincitori li tedeschi a grandissimo stento. Li francesi rimasti vivi e liberi andarono verso Roveredo senza fare alcun danno. Ai sei, giorno di domenica, di cielo sereno, restò uccisa in Trento per accidente la serva dell’oste Zucchelli detto Scandoletta alla Porta dell’Aquila, per un’archibusata uscita a caso. D’ordine d’un ufficiale tedesco fu pubblicamente bastonato il sartore Munding di Trento giovine (Munding figlio, che morì di mal petecchioso li nove gennaio 1797). Ai cinque in Trento fu ripigliato il suono delle campane intorno alle dieci di mattina. Noi cominciammo col suono del mezzogiorno. Ai sette di nuovo in Trento si cominciò a recitare nella santa Messa la colletta Deus, qui conteris bella (Dio che contrasti le guerre).
9 novembre 1796 – Ai nove ritornò a Trento da Verona il podestà Cheluzzi coll’Aquila, essendosi fermati in Roveredo ne’ giorni delle battaglie di Calliano. Sono partiti da Verona senza d’aver ottenuto risposta dal Buonaparte, perché disse loro soltanto che ritornassero da lui dopo due giorni, dopo tre giorni, dopo cinque giorni; e da un altro francese furono consigliati di partire.
13 novembre 1796 – Ai tredici, giorno di domenica e festa del Patrocinio di Maria Santissima, noi abbiamo ripigliato interamente il nostro suono delle campane, come fu avanti la venuta di francesi. Nei fardelli de’ francesi fu trovato in Trento, ed in Torbole, che d’ordine del Buonaparte ai quattordici di questo mese dovevano saccheggiare ogni luogo, anche le chiese, e poi partire di qui verso Verona.
14 novembre 1796 – Ho tralasciato moltissime cose notabili accadute in questo ultimo semestre, perché fu troppo scompigliato, ed io ebbi altro che fare, e pensare, stando anche lontano da questo mio volume. Qui dirò, che la prima ritirata de’ nostri tedeschi costò moltissimo ai Trentini, per il grandissimo numero de’ buoi, che vollero da condurre li magazzini verso Bolzano. I detti buoi patirono assaissimo, perché avevano poco da mangiare e niun riposo. Frequentemente cadevano morti sotto il carro, ed altri venivano abbandonati dagli stessi padroni troppo stanchi, ed offesi dall’importunità ed indiscretezza militare. La cavalleria napoletana guastò le campagne dove si quartierò allo scoperto, in Piazzina, a Lamar, in Briamasco ecc. Tutte le piazze e le strade della città vi videro pienissime di carrettoni, cavalli, e soldati buttati per terra, tanto che non potevasi camminare diritti. Non vedevasi alcuno, che non mostrasse mestizia. Molti sono fuggiti. Altri in Fiemme, altri in Valsugana, altri a Vicenza, altri a Bassano, Feltre, Belluno, Passavia, Salisburgo, Bressanone, Bolgiano ecc. È scappato il Conte Pio di Wolchenstein capitano della città (segue l’elenco di tutti i nobili che avevano lasciato la città. N. d. r.).
Si fece un grandissimo consumo di fieno fatto venire a Trento anche dall’Anaunia, e dall’Ausugio (Valsugana). In Fiera, al palazzo delle Albere, e nel palazzo gallassiano furono piantati li forni mobili militari. Per gl’infermi fece il pane Domenico Grandi fornaio di Trento a s. Maria, il quale provide l’ospitale militare anche di vino, minestra, e crauti, e carne. Familiari del Wurmser, confidenti, e commensali furono Patrizio Andrea Rensi, Norberto Heyder, un Bertelli, ed un Fantoni. Il Magistrato e la nobiltà non godettero la di lui grazia. Egli fece porre dei cannoni in Dostrento voltati colla bocca verso la città. Fece pur mettere dei cannoni a Muralta. Chiese trenta mila fiorini di vino, e ne ottenne sessanta carri.
Li francesi giunti a Trento seguitarono (inseguirono) i tedeschi andando la cavalleria per Martignano, ed altri per Campo Trentino senza punto fermarsi. Altri nella sera andarono per Pergine. Altri nel giorno sesto andarono a Levico per la via di Valsorda.
In Gardolo fuvvi una gran moschettata senza morti. Ai sei passarono sino al Masetto di Cadino, a Mezzo Tedesco, e Mezzo Lombardo; né mai passarono più oltre da quella parte. Dall’altre di Pergine andarono sino a Bassano. Il così detto comandante della Piazza, cioè di Trento, abitò nel castello di Trento. Furono quattro. L’ultimo si chiamò Ruby; il penultimo, o antepenultimo Prompt. Il Buonaparte si mise nell’appartamento vescovile. Il Massena nel palazzo Tonero (Thunn). Nell’ottobre furono a giurare fedeltà alla Repubblica francese tutti li giudici, e sindaci de’ paesi soggiogati con Trento. Subito venuti hanno voluto dai trentini tutte le armi distinte coi segni de’ padroni; ma sono partiti poi senza ristituirle. Bensì ne hanno lasciato molte perché non hanno potuto portale via. Hanno tolta tutta l’argenteria del castello, eziandio due pezzi, ch’erano nelle mani d’un orefice, e due candellieri, che servivano a monsig. Vicario. Seppero dire, che mancavano tanti tondi legati insieme. Levarono anche alcune pitture. Hanno tolto tutta l’argenteria, e il danaro del Santo Monte. Tutto il danaio dello steuraro (delle “steore”, cioè le tasse) consistente in ottomila fiorini. Volevano bruciare il palazzo del Conte Matteo Tonero; ma il Magistrato ed il podestà lo impedirono. Nell’ottobre hanno chiesto cinquecento buoi per mandarli a Verona; ma non gli ottennero. Nel settembre levarono tutti li cavalli de’ signori. Nell’ultimo giorno di ottobre in Borgo di Valsugana fuvvi una battaglia formale tra tedeschi, e francesi, colla peggio de’ francesi, che si ritirarono precipitosamente. De’ tedeschi restò ferito un solo. De’ francesi poi molti. Successe dopo il mezzogiorno. Le chiese e le case di Trento non sono state toccate dai francesi, bensì le chiese e case delle ville. Al parroco di Civezzano hanno tolto tutto tutto, essendo presente in tempo di notte, passando nella sera dei cinque di settembre. Furono pure assai maltrattati il parroco di Meano, il piovano di Mattarello, ed il curato di Gardolo; i Conti Melchiori di Avis; il sig. Schulthauss Vicario di Avis; il Conte Domenico di Lodrone; i masadori de’ Salvetti a s. Lazaro; i masadori Gentilotti e Saracini alle Novaline ecc. ecc. In una parola hanno recato danni indicibili dappertutto. Se il Signor Iddio mi donerà tempo e pace scriverò una relazione minuta, ed ordinata de’ mali da loro recati a questi paesi. Per altro eglino in Trento ne’ loro quartieri sonosi diportati talmente, che niun affatto si lamentò; ma anzi tutti lodavano la loro quiete, discretezza, e morigeratezza. Rapporto alla religione pochissimi hanno dato segno di averne. Non ebbero alcun cappellano. In Avis essendo moribondo un colonnello s’insinuò il sig. curato; ma gli fu risposto che lo lasciasse morire in pace, e così morì, e fu seppellito cogli onori militari in campagna. Tutti furono vestiti colla velada lunga di colore turchino, con cappello grande. Il resto del vestito fu vario. Così pure fu vario quello degli usseri e cavalcanti. In Trento non fu piantato l’Albero della Libertà, e non si videro coccarde francesi. Sulle porte per sicurezza furono posti de’ biglietti francesi da principio. Ogni proclama francese aveva in fronte Libertà. Eguaglianza. Repubblica Francese. Qui voglio finire. Sono stanco.
La Prepositura di san Michele fu precipitata totalmente ai sei di settembre, ed ai due di novembre da’ francesi, li quali hanno levato tutti li calici, ed altre cose d’oro, ed argento, anche quelle, che stavano nascoste in una sepoltura. Hanno tolto, o lacerato tutti i paramenti della chiesa, e le biancherie ecc. de’ canonici, li quali nel primo accesso stettero 44 ore senza aver da mangiare, e nel secondo 48. Per celebrare la santa Messa hanno tolto calici, col resto, dal nostro convento di Melombardo (Mezzolombardo). Un canonico Lor. Gresser per altro ben provveduto, ha dovuto indossare una camicia trista d’un soldato francese. La chiesa curata di Avis da un francese fu ammazzato un Benamato. In Agnedo di Strigno fu parimente ammazzato da un francese un prete, che con uno schioppo voleva tirargli, benché non pigliò fuoco. In un altro luogo hanno fatto dissotterrare degli schioppi. In un altro gli hanno cavati da un mucchio di strame. In un altro seppero che della seta stava immurata, e si contentarono soltanto di manifestare la spia presente al padrone. Nell’ottobre corse voce, che li francesi avrebbero chiesto tre fiorini per testa d’uomo, e due per testa di donna. Li tedeschi nell’agosto furono condotti verso Brescia per le Giudicarie dal consigliere Prati; ma con loro gravissima perdita, come si disse per tradimento delcondottiere, che teneva la sua moglie in Brescia. Ho veduto ritornare la cavalleria li nove di agosto. Quel Filos di Melombardo che fu dieci mesi arrestato in Insprugg come giacobino, fu commensale de’ francesi nel castello di Trento in tutto il tempo che stettero qui. Egli si fece conoscere all’Avis pregando per gli avisani. Poco dopo che vennero a Trento, i francesi sono stati sentiti a cantare questa canzonetta: “Coll’oro, e coll’argento non siam venuti a Trento, e coll’argento e ram andrem’anch’a Bolzam”. Furono pure uditi dire, che in Trento non hanno trovato tanto danaio quanto ne hanno speso. Li tedeschi avevano stabilito di saccheggiare la città di Trento nel loro ritorno; ma il Laudone gl’impedì, e non lo permise. Il Rensi, che servì al Wurmser come provandiere dell’armata tedesca bene stipendiato, comperossi un calessino con un cavallo e pigliò un servitore. Partiti li tedeschi restò in Trento coll’abito austriaco; e quindi dai francesi fu fatto prigioniero colla moglie, e col figlio chierico, i quali tutti e tre furono spediti in giù verso Roveredo, il Rensi perché d’una sola gamba, in un legno, e gli altri a piedi. Egli è poi ritornato in tempo dei tedeschi.
Li sopraddetti due commissari austriaci subito hanno deposti li consiglieri di Trento, che avevano giurato ai francesi, e ne hanno fatto degli altri, cioè il Conte Alberto Alberti di Poia cancelliere, il barone Messina ex soldato ed ex vice capitano di Trento, il barone de Taxis figlio della baronessa Buffa; il dottore Schrattenberger, ed il dottore Sardagna figlio del fu cancelliere. Hanno pure deposto il segretario Bernardino Manci; ma poi l’hanno rimesso. Han deposto anche il podestà; e poi ad istanza della città lo hanno rimesso. Han deposto gli ufficiali della posta Felice e Luigi Boninsegni padre e figlio, e l’Hoffer, e poi hanno rimesso il sig. Felice. Hanno arrestato in casa sua lo stampatore Giambattista Monauni, cui hanno tolto il carteggio ecc. Il primo de’ detti commissari si è il barone Sigismondo Moll capitano di Roveredo, il quale si chiama presidente, ed abita nel palazzo del Conte Pio di Wolckenstein. L’altro è Filippo Baroni di Sacco già vice capitano di Roveredo.
16 novembre 1796 – Li sedici, giorno di mercoledì, giurarono al detto presidente li mentovati consiglieri nuovi; essendo governatori del principato mons. decano Manci, il canonico Conte Spaur, ed il canonico Conte Arsio, li quali a nome del loro Capitolo protestarono contra li commissari, e mandarono staffette al vescovo assente, e dimorante in Passavia.
Ieridì sono passati per Trento in ferri per andare da Roveredo a Insprugg un baron Egger di Roveredo, un Baroni di Sacco, e due Marzani di Roveredo padre e figlio. Sarebbe stato con loro anche un figlio del consigliere Angeli accasato in Roveredo, se non fossesi sottratto colla fuga. Ma poi ho inteso, che non sono stati condotti via da Roveredo, ma soltanto in arresto.
20 novembre 1796 – Li venti, domenica, i detti commissari hanno pubblicato un proclama autorizzante li trentini, siccome ho inteso; ed è morta la moglie del Gamba filatoriano, per lo spavento, che i francesi le hanno fatto nella mattina della loro partenza, saccheggiandole la casa, e portandole via per circa trecento fiorini; cosa che le fece perdere il cervello.
22 novembre 1796 – Li ventidue, martedì, dopo il pranzo, la città di Trento fu tutta scompigliata, per il timore de’ francesi ritornati a Ala del Lagaro per la Valfredda, e per la ritirata de’ tedeschi. Ma presto svanì tal timore, essendo restati vincitori li tedeschi.
Negli scorsi giorni è morto in Cles dal vaiuolo il primogenito del generale barone Laudon in casa del sig. Lorenzo dal Lago, e fu seppellito nel monumento di tal casa situato nella chiesa parrocchiale, accompagnato da due soli preti, essendo di soli quattro in cinque anni. Poi furono cantate due Messe per la Casa Laudon, una nella parrocchiale ed una nella chiesa nostra di sant’Antonio. Per altro il generale dicesi greco scismatico.
25 novembre 1796 – Li venticinque, venerdì, dopo il vespro improvvisamente è venuto di quartiero Andrea Nagy di Galanta da Presburgo, ungaro capitano di età 42 e milizia 26, nato 23 dicembre 1754, ferito in una gamba presso Legnago. È del reggimento Jallaschisch. Ha moglie e figli nell’Ungheria287. Con lui sono venuti alcuni altri soldati, e più cavalli. Il detto capitano, ch’è anche senza un occhio, ha 74 fiorini di stipendio al mese, oltre il fieno, e biada. Dunque ha troni 12 e carantani 10 al giorno.
26 novembre 1796 – Li 26 ho inteso essere stato destinato per ospitale militare il seminario di Trento. Che tal seminario passi a san Marco ed i Padri di s. Marco alle Laste coi PP. Carmelitani. Mons. decano però ha negato il suo assenso; ma in vano.
29 novembre 1796 – Li 29 il sig. Provicario Menghino ha intimato ai Padri di san Marco di evacuare il loro convento per domani. Ieri sera, cioè li 28, è venuto a stare nel nostro convento con detto capitanio un tenente ungaro giovine, pieno di rogna, con altri servi e cavalli, il quale partì per Bolzano li due dicembre.
30 novembre 1796 – Li 30 sono andati al convento lastano (delle Laste) i padri Agostiniani di san Marco. Nella sera dello stesso giorno cominciammo a scaldare il nostro refettorio. Finimmo nel giorno 19 marzo 1797.